La Voce di Maria Dolens

Per offrire uno spazio di riflessione in questo periodo del tutto straordinario che stiamo vivendo, la Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto ha chiesto a Marcello Filotei, giornalista de "L'Osservatore Romano", di scrivere ogni giorno un breve articolo che prendendo spunto dall'attualità richiami l'importanza dei valori ai quali si ispira l'attività della Fondazione.
La rubrica si intitola "La voce di Maria Dolens" e viene pubblicata sul quotidiano "L'Adige" nelle pagine di Rovereto.

 

Come nei film del neorealismo. Persone disperate che portano un oggetto di famiglia al Monte dei Pegni per avere indietro una piccola somma. Stesse scene, ma con la mascherina. Fino a poco tempo fa era un tema letterario. Nel 2010 Elena Loewenthal ha pubblicato dei racconti nei quali descrive situazioni limite, come quella di una signora che impegna un quadro di pregio, ultimo ricordo dei genitori. Percorsi drammatici, ma individuali. Non è più così. Contrariamente a quanto previsto da frettolosi esperti, il virus non è un grande livellatore economico, anzi sta creando differenze sempre più profonde. La povertà globale aumenterà quest’anno per la prima volta da oltre due decenni. Secondo la Banca mondiale in milioni cadranno in miseria nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale. Un improvviso impoverimento potrebbe riguardare l’8 per cento dell’umanità, mezzo miliardo di persone. E in certe parti del mondo “impoverimento” è sinonimo di fame. Virus e crisi economiche non conoscono confini. Da certe situazioni si esce solo con una strategia globale che non lascia indietro nessuno. La Campana veglia su quelli che stanno in fondo alla fila, ovunque siano. Orecchie aperte alle 21.30.

L'intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento. Il coraggio è la forza d’animo nel sopportare dolori fisici o morali. Silvia Romano è una persona intelligente e coraggiosa, non solo forte. Ha pianto per un mese dopo essere stata rapita in Kenya, un anno e mezzo fa. Poi ha chiesto un quaderno e ha scritto quello che provava, ha fatto le sue scelte religiose, ha resistito. Nell'estate 2018 aveva deciso di partire da sola per l'Africa, per la sua prima esperienza di volontariato in un orfanotrofio a Likoni, poi ha proseguito la sua attività a Chakama. Aveva finito il suo periodo di lavoro, era rientrata in Italia, poi ha scelto di ritornare in Africa a dare una mano, a fare quello che poteva. Non abbiamo ancora finito di gioire per la sua liberazione e già sui social è partita la litania di chi l'accusa di non essere stata qui ad “aiutare gli italiani”. C'è una donna coraggiosa e intelligente che ha provato a fare la sua parte per aiutare gli altri, ha pagato in prima persona ed è tornata trasformata. E poi c'è chi dietro una tastiera anonima sa sempre quello che è giusto. La Campana suona anche per chi ci prova, aiuta, porta conforto. Ovunque. Orecchie aperte alle 21.30.

L'11 maggio del 1916 Einstein pubblicava la teoria generale della relatività rivoluzionando la nostra visione dell'Universo. Il tempo e lo spazio sono la stessa cosa vista da prospettive diverse e se vai molto veloce invecchi meno. Ma noi alla velocità della luce non ci possiamo nemmeno avvicinare e quindi non ce ne accorgiamo. Quel giorno l'ex impiegato dell'ufficio brevetti di Berna diede forma definitiva a studi che aveva sviluppato nel 1905, nei quali è compresa la formula che conosciamo tutti a memoria: e=mc2. Da una piccola massa si può ricavare una grande energia. Praticamente una bomba, oppure la corrente elettrica per tutta l'Africa. Durante gli studi Einstein non pensava all'utilizzo pratico del suo lavoro. Comunque era contrario alla bomba atomica, tanto che non venne nemmeno incluso nel progetto per il timore che svelasse il segreto. L'11 maggio 1995 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato in via permanente il Trattato di non proliferazione nucleare. Venticinque anni dopo la Campana suona anche per invitare a non usare piccole masse per costruire grandi ordigni, ma per portare la corrente elettrica in tutta Africa. Orecchie aperte alle 21.30.

Ogni confine può essere un orizzonte, ma bisogna essere visionari. Settanta anni fa qualcuno ha ipotizzato una forma di cooperazione politica per l'Europa che avrebbe reso impensabile un'altra guerra nel continente. Il progetto era talmente assurdo che è riuscito. L'idea lanciata il 9 maggio del 1950 dal ministro degli Esteri francese Robert Schuman sta funzionando. Nessun conflitto. In parecchi ci hanno creduto subito, altri non sono ancora convinti. Qualcuno ne è stato entusiasta, come Antonio Megalizzi, un giornalista che voleva colmare le carenze informative dell'Unione europea e per questo ha inventato molti modi per avvicinare le istituzioni di Bruxelles alla gente. L'ha fatto fino all'11 dicembre del 2018, quando è stato colpito da un proiettile vagante mentre visitava i mercatini di Natale a Strasburgo, vicino al Parlamento europeo. È morto tre giorni dopo a 29 anni, gli stessi dell’attentatore Cherif Chekatt, che quel giorno sparò a caso sulla folla. Lo scorso anno, per la Festa dell'Europa, la bandiera blu con le stelle ha sventolato sul Colle per Antonio l'europeo, un uomo che lavorava perché il confine diventasse un orizzonte. Orecchie aperte alle 21.30, questa sera in diretta on line.

I granata l'hanno imparato subito. Era il primo campionato nazionale di calcio, l'8 maggio del 1898, e già perdevano in finale col Genoa. Secondi su quattro, buon risultato. Perdere con eleganza è il massimo che può fare la maggior parte di noi: provare a essere primi e accettare di arrivare secondi.

Accogliere positivamente anche risultati parziali, e procedere verso l'obiettivo. Come avviene al Colle. Ci piace quando nei film l'eroe taglia il traguardo e l'antagonista applaude perché ha capito che non poteva raggiungerlo, solo che di solito ci identifichiamo con l'eroe, che è pure più bello. In questo periodo non si può vincere, ma si può imparare ad arrivare secondi senza prendersela con nessuno. Non sarà colpa dei savi di Sion se ci sarà meno lavoro, non dipenderà da un complotto internazionale se qui l'economia ripartirà più lentamente che in Germania, e se piove Palazzo Chigi di solito non centra niente. Nella fase 2, e in quelle successive, puntiamo su di noi, non contro qualcun altro. Proviamo ad arrivare secondi, che già non sarebbe male, poi nel finale tentiamo lo sprint, non si sa mai. Magari quando nessuno se lo aspetta viene fuori il Grande Torino. Orecchie aperte alle 21.30.

La sua intenzione era di celebrare la libertà, non la gioia. Dell'ode di Schiller la frase che voleva usare era «i mendicanti saranno fratelli dei principi», che poi fu ridimensionata nella più generica «tutti gli uomini saranno fratelli». Era quasi sordo, ma sentiva il peso della restaurazione in corso, decise di non rischiare. Il 7 maggio del 1824 salì sul podio al Teatro di Porta Carinzia a Vienna e per la prima volta, nel finale della sua Nona Sinfonia, esplose l'enunciazione di un messaggio di fratellanza universale. L'inno dell'Unione europea. Per Schiller, kantiano della prima ora, lo scopo dell'arte è quello di indirizzare l'umanità verso una nuova forma di armonia. Beethoven risolve il problema con slancio illuminista e costruisce un percorso drammaturgico dalle tenebre alla luce, fondato su una sostanza etica, oltre che estetica. Non sembra lontano da quello che servirebbe in questo periodo. L'arte per la pace, la musica per la pace, un suono per la pace. Proprio oggi che non lo possiamo fare, l'eco del tempo rimanda da Vienna l'invito ad “abbracciare le moltitudini” e a “dare un bacio al mondo intero!”. Magari appena finisce la fase 2. Orecchie aperte alle 21.30.

Se sei in svantaggio nel secondo tempo provi a recuperare. Cerchi di capire quello che è andato storto, dai un'aggiustata ai meccanismi di difesa e prepari il contrattacco. La “fase 2” più o meno dovrebbe essere la stessa cosa. Stiamo 3 a 0 per il virus. Mentre la gente muore, l'economia è crollata, la diplomazia scomparsa. Il Ministero degli Esteri si occupa quasi esclusivamente del rimpatrio dei connazionali, le visite di governo e le missioni bilaterali sono sospese, le crisi internazionali ignorate. Sui giornali si fa fatica a trovare una notizia di esteri, nel frattempo il generale Haftar si è autodichiarato nuovo rais della Libia, mentre in Corea del Nord il “leader supremo” appare e scompare come David Copperfield, lasciando detto di lanciare ogni tanto qualche razzo per essere sicuro che funzioni. Quando è caduto il muro di Berlino qualcuno ha parlato di “fine della storia”. Non era vero. Il mondo va avanti e i vuoti di potere finiscono sempre per essere colmati. La Campana continua a parlare al mondo ogni sera, l'Europa deve ricominciare a farlo. Magari con la mascherina davanti alla bocca e i guanti monouso, ma bisogna andare a trovare i congiunti. È la fase 2. Orecchie aperte alle 21.30.

Già è difficile da comprendere, se poi non puoi guardarla in faccia diventa indecifrabile. Da qualche giorno pure la Gioconda si è messa la mascherina. Prima su un muro di Barcellona poi sulla serranda di un giornalaio a Catania. Quando Monna Lisa va in missione fuori dal Louvre la situazione è seria. Era già successo poco più di 100 anni fa, quando Duchamp pensò di dare scandalo disegnando sul suo viso dei baffi. La ragazza ha resistito a furti, a sfregi e alla folla sterminata che ogni giorno la guarda senza riuscire a penetrarne il mistero, l'enigma, l'anima presente ma inaccessibile. Ora è lei che guarda noi. Il mondo attraverso una mascherina le appare diverso, estraneo, fastidioso. Noi non vediamo più il suo sorriso, e sono inaccessibili anche le espressioni di tutti quelli che incontriamo. Oltre ad arginare la pandemia le protezioni filtrano le paure, alterano la percezione del mondo, inquietano e rassicurano. Già prima era difficile fidarsi dei popoli e delle persone, ora senza guardarci in faccia sembra impossibile. Dobbiamo fare uno sforzo in più per penetrarne l'anima presente ma inaccessibile del genere umano. Dovrebbe stare sotto la mascherina. Orecchie aperte alle 21.30.

I “nostri” stanno già a casa. Da oggi al suono della tromba “arrivano i congiunti”. Cugini di ogni ordine e grado, zii alla lontana che non incontravamo nemmeno a Natale, fidanzati stabili, (ritorni di fiamma?), zie pedanti, cognati invadenti, nonni silenziosi e nipoti vocianti. Quanto ci sono mancati. Torneranno, anche se a distanza, che magari tra qualche giorno sarà un sollievo. È la “fase 2”, quella della convivenza con virus, quella in cui diventeremo tutti “diversamente normali”, quella della responsabilità. Finora come genere umano quando si è trattato di essere responsabili abbiamo avuto risultati discutibili. Educazione ambientale: 4-, Economia domestica e internazionale 4+, Storia 2. Brutti voti malgrado il 9 in Arte, il 8 in Fisica e in Scienze, il 10 tondo in matematica e l'7 e mezzo in Diritto. L'umanità ha grandi potenzialità, il problema è che non si applica. Sta iniziando il secondo quadrimestre, cerchiamo di recuperare nelle materie in cui zoppichiamo. Meglio evitare il debito che ci rovina l'estate. Cominciamo a ripassare Kant: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me”. Orecchie aperte alle 21.30.

Carlotta è stanca di sentirsi chiedere “perché sei partita?”. Da quando è andata in Thailandia è la domanda che gli è stata rivolta più volte. Lei ha spiegato che lo shock culturale è stato consistente, ma era più forte la voglia di “mettere tutto in gioco”. Ha raccontato di come ha imparato a togliere le scarpe prima di entrare in casa, a inchinarsi per salutare le persone, a sopportare il caldo e ad amare il cibo piccante. Ha descritto il processo al termine del quale tutto diventa normale e il momento in cui l'altro diventi tu. Ma niente, continuano a chiederle “perché sei partita?”. Per aiutarla a rispondere nel 2015, proprio il 3 maggio, l'associazione Intercultura ha scelto di celebrare al Colle i suoi cento anni. Una scelta naturale per chi si concentra su quello che unisce le culture e insegna ad accogliere quello che le caratterizza. Nel 1915 in Francia un gruppo di volontari fondò un'associazione umanitaria per soccorrere i feriti in battaglia senza guardare il colore della divisa. Da lì nasce Intercultura. Cento anni dopo non ci siamo stancati di combattere guerre contro chi ci sembra troppo diverso. E pensare che c'è ancora chi chiede a Carlotta “perché sei partita”. Orecchie aperte alle 21.30.