La Voce di Maria Dolens

Per offrire uno spazio di riflessione in questo periodo del tutto straordinario che stiamo vivendo, la Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto ha chiesto a Marcello Filotei, giornalista de "L'Osservatore Romano", di scrivere ogni giorno un breve articolo che prendendo spunto dall'attualità richiami l'importanza dei valori ai quali si ispira l'attività della Fondazione.
La rubrica si intitola "La voce di Maria Dolens" e viene pubblicata sul quotidiano "L'Adige" nelle pagine di Rovereto.

 

Estote parati. I movimenti dei popoli, le crisi finanziarie, i disastri ambientali e le pandemie non sono eventi eccezionali, sono fenomeni fisiologici del mondo globalizzato. Bisognerebbe essere pronti e invece ogni volta siamo presi alla sprovvista. Guardiamo i video in diretta della foresta amazzonica che brucia e poi ci stupiamo di essere interconnessi. Se da una parte del pianeta si guadagna molto e da un'altra non si mangia la gente si sposta. Se per andare a New York ci vogliono 9 ore, lo stesso tempo è sufficiente per importare tecnologia ed esportare malattie. Non è l'eccezione è la regola. Pensare in termini locali funziona per l'ordinario, anche bene, ma non basta. E allora forse non ci vorrà un governo mondiale, ma un maggiore coordinamento internazionale è necessario. Costruire ponti diplomatici e sociali, come cerca di fare la Campana da decenni, non è un esercizio mentale da visionari è semplice realismo. Il vaccino lo stanno cercando gli scienziati, ma l'antidoto spetta a noi trovarlo, e non c'è altra strada che la collaborazione internazionale basata su principi di solidarietà condivisi. Più o meno quello che c'è scritto sul Memorandum di Pace che firmano i paesi quando scelgono di issare la propria bandiera sul colle di Miravalle. Orecchie aperte alle 21.30.

In 14 ore e 57 minuti la Cattedrale di Notre-Dame è diventata patrimonio dell'umanità. Prima che un incendio la devastasse era “solamente” uno dei simboli di Parigi. Poi un anno fa, dalle 18.53 del 15 aprile alle 9.50 del 16, abbiamo corso il rischio di perderla, ci siamo accorti che era anche nostra, siamo rimasti attaccati al televisore tutta la notte e abbiamo imparato che flèche significa guglia. Capita che si apprezzi quello che si ha quando lo si è già perso, ma non a tutti. Il Consiglio d’Europa nel 1954 si è fatto promotore della “Convenzione culturale europea”, presentata proprio a Parigi e in vigore dal maggio del 1955 dopo le prime 3 ratifiche. Un testo che identifica uno spazio di valori comuni consolidati da millenni di storia. La seconda guerra mondiale era finita da poco, le differenze erano più marcate di adesso, ma c'era già chi pensava a unire, chi sapeva che la guglia di Notre-Dame era di tutti, prima che bruciasse. Privilegi dei visionari. Anche per questo dal 2006 la Campana gode del partenariato del Consiglio d'Europa, segue l'attività dell'Assemblea parlamentare di Strasburgo e partecipa all'attività dei rappresentanti della società civile. Si tratta di individuare quello che ci unisce, possibilmente prima che vada in fumo. Orecchie aperte alle 21.30.

Non c’è alcun automatismo. Non è scontato che dopo un trauma ci sia una trasformazione. Abbiamo scoperto la fragilità. La tentazione è di superarla con la potenza. Trovare un altro vaccino, risistemare i conti pubblici e ricominciare. Condizioni necessarie ma non sufficienti, si dice in matematica. “Quella è la strada di prima. E la strada di prima porta a dove siamo adesso”, sintetizza Johnny Dotti, che di mestiere analizza fenomeni sociali complessi. Se in quello che sta accadendo vediamo solo la necessità di un maggiore intervento pubblico, che garantisca sicurezza andremo verso una regressione statalista. Se chiuderemo i confini dovremo ripensare anche i mercati, e i paesi che vivono di turismo ed esportazioni potrebbe passarsela molto male. Lavorare per il futuro significa mettersi nella condizione di generarlo, altrimenti “andrà tutto bene” rimarrà uno slogan buono da cantare dalla finestra. Possiamo correre sulla ruota del criceto e ritrovarci sempre allo stesso punto, se va bene con un farmaco che funziona e lo spread un po' più basso del solito. Oppure possiamo cominciare a costruire il nostro avvenire su altre fondamenta, per esempio quelle della Campana, che sono solide e reggono bene. Badile e cazzuola, ma ora, perché non c'è alcun automatismo. Orecchie aperte alle 21.30.

Una nave civile battente bandiera portoghese placida incrocia al largo dei Caraibi. Un pattugliatore venezuelano sfoggia un cannone da 76 millimetri e intima al capitano di rientrare in porto, poi attacca. Il bersaglio è facile. Collisione. L'imbarcazione civile ha lo scafo rinforzato per passare indenne tra i ghiacci, resiste. L'altra ha armi spianate per garantire un'impennata di adrenalina, va a picco. Forza contro intelligenza: un classico. È successo qualche giorno fa e anche attorno al 1000 avanti Cristo. Un gigante di tre metri, corazza da quaranta chili e lancia proporzionata, sfida chiunque. Un pastorello minuto, con la fionda, accetta. Risata di scherno, pietra, colpito e affondato. Un saluto ai Filistei. Il mito è una narrazione fantastica tramandata oralmente o in forma scritta, con valore spesso religioso e comunque simbolico. Quello di Davide e Golia sta nella Bibbia, l'altro nella cronaca, non è di fantasia ma è ugualmente simbolico. Se c'è ancora chi attacca senza motivo solo perché si crede più forte allora la Campana ha ancora molto da dire a sostegno di piccoletti veloci e di navi lente. Perlomeno per chiarire che non conviene fermarsi alle apparenze: i pastorelli sono spesso intelligenti, le imbarcazioni a volte carenate, i prepotenti sempre inutili. Orecchie aperte alle 21.30.

Il meglio è nemico del buono. Non tutte le nonne quando lo dicono sanno che si tratta di un principio scientifico, o forse sì. Per esempio “un gioco è una serie di strategie da seguire. L'equilibrio si verifica quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme”. Non è un auspicio, è un teorema che un matematico ha elegantemente dimostrato 70 anni fa. Nel 1994, dopo avere verificato che l'applicazione portava profitti, gli hanno dato il Nobel per l'economia. Poi si sono dimenticati di controllare se funzionava anche in politica. Però hanno girato un bel film biografico sul genio maledetto, e ora sappiamo tutto sulla sua schizzofrenia e su quanto amasse la moglie. Rimane da capire perché, se la teoria dei giochi cooperativi di John Nash è valida, non si possa davvero provare a fare contemporaneamente “il meglio per sé e per gli altri”, puntando a una situazione dove nessuno ha interesse a modificare le proprie scelte, perché più di quello che ha non può ottenere. Il problema forse è che il singolo non può raggiungere il massimo, si deve accontentare di un buon risultato. La Campana è la differenza tra il meglio, che sembra sempre a un passo ma resta appannaggio di pochi, e il buono, possibile per tutti. Orecchie aperte alle 21.30.

Rio de Janeiro, 16 luglio 1950, Maracanã, 199.854 spettatori paganti, quasi tutti. Al Brasile basta il pareggio per essere campione del mondo. Uno a zero per i verde-oro. È fatta, cominciano i festeggiamenti. L'Uruguay non è d'accordo. Finisce due a uno per “la Celeste”, qualcuno si suicida. Londra, 13 marzo 2020, decine di giornalisti con i taccuini aperti: “Il 60% dei britannici dovrà contrarre il coronavirus per sviluppare l'immunità di gregge”. Il Premier britannico Boris Johnson minimizza, poi cambia idea, si ammala, per fortuna guarisce, qualcun altro del suo paese no. Autunno 2011, Damasco, proteste di piazza. Le autorità chiudono al dialogo. La guerra è ancora in corso, ottocentomila persone sono sfollate nella regione di Idlib. Sottovalutare l'avversario non funziona. Quello che dice la Campana è che l'unico modo per ottenere un risultato è lavorare, prima. Il valore da mettere in gioco è sempre lo stesso, il rispetto. Se hai rispetto dell'avversario forse lo batti, se studi un virus forse lo debelli, se non dimentichi i conflitti del passato forse eviti che si verifichino di nuovo. Se pensi che la pace sia scontata come la vittoria del Brasile, rischi che al 79º il destro di Alcides Ghiggia finisca tra palo e portiere e addio sogni di gloria. Solo che con la guerra e il coronavirus perdono tutti. Orecchie aperte alle 21.30.

Non c'è bisogno di essere ricchi, però bisogna avere memoria. È uno dei principi alla base del Memorandum di Pace che ogni paese firma quando sceglie di issare la propria bandiera sul Colle di Miravalle. Nel 2010 l'ha fatto l'Albania, assumendo con quel gesto l'impegno a fare proprio della pace un obiettivo cardine della propria politica. Sarà una coincidenza ma qualche giorno fa il governo di Tirana ha inviato in Italia una squadra di 10 medici e 20 infermieri per aiutare i colleghi impegnati nella lotta al coronavirus in Lombardia. Alle autorità che al loro arrivo li ringraziavano uno di loro ha risposto semplicemente: “Sono 30 anni che ci aiutate, è il minimo che potevamo fare". Si scrive solidarietà, si legge senso della storia. Che il premier albanese Edi Rama lo sappia o meno, Maria Dolens ha comunque fatto il suo lavoro, ponendosi ancora una volta alla foce di un fiume carsico che scava tra le coscienze e torna in superficie quando ce n'è più bisogno e quando meno te lo aspetti. Lavorare per la pace significa anche preparare il terreno perché le cose avvengano, il che non consente di rivendicane il merito, ma restituisce la certezza di avere fatto la propria parte. Nell'annunciare l'invio dell'equipe Rama ha usato queste parole: “Non siamo ricchi e neanche privi di memoria”. Orecchie aperte alle 21.30.

“Passare oltre” è il senso della Pasqua. Per gli ebrei la liberazione dagli egizi, per i cristiani la risurrezione di Gesù. Due salti, verso un'altra terra, verso un'altra vita. Tra il prima e il dopo prove estreme da superare, in fondo al percorso un cambiamento radicale, una rivoluzione. Un rito di passaggio che quest'anno ha un significato particolare. Dobbiamo andare oltre una crisi inattesa e profonda, e la fase che stiamo vivendo è quella della sospensione. Prima o poi usciremo a vedere cosa è rimasto fuori, e forse rimpiangeremo le lunghe giornate a base di pane fatto in casa e vecchi libri rispolverati. Comunque saremo chiamati a ricominciare e potremmo farlo almeno in due modi: con una evoluzione di 360 gradi o di 180. Se sceglieremo la prima strada torneremo al punto di partenza e “cambieremo tutto perché tutto rimanga com'è”, come sentenzia cinicamente Tancredi nel Gattopardo. Se opteremo per la seconda soluzione ci troveremo a guardare le cose da un'altra prospettiva. Ognuno avrà i suoi punti di riferimento, ma uno può essere utile per tutti: giriamo intorno alle idee della Campana, ognuno col il suo grado di rivoluzione, sarà più facile trovare quello che ci accomuna. E in caso di necessità consultare raccolte di poesia, perché “dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva” (Hölderlin). Orecchie aperte alle 21.30.

Avete presente quando un calciatore cade a terra appena sfiorato da un avversario sperando che l'arbitro assegni un inesistente calcio di rigore? Non c'entra niente con quello che accade a Rovereto dal 1988. Da 32 anni il sabato di Pasqua oltre 2000 ragazzi provenienti da più di 30 paesi si danno appuntamento sotto la Campana per giurare che non lo faranno, che saranno corretti, nello sport e quindi nella vita. Si chiama Torneo Internazionale “Città della Pace”. Serve a divertirsi e a imparare a rispettare gli avversari e le regole, ed è preceduto dagli inni di tutte le nazioni rappresentate, eseguiti al Colle di Miravalle prima del momento solenne: “Sarò leale”. Oggi i ragazzi e i 200 volontari che di solito li accompagnano resteranno a casa, ma torneranno a colorare la città appena potranno abbracciarsi dopo un goal, placcare un avversario che va a meta o marcare stretto un playmaker senza rischiare il contagio. Calcio, pallamano, basket, hockey su prato, rugby non fa differenza. Maschi e femmine, non fa differenza. Fa differenza se bari. Quest'anno mancherà la socializzazione, ma non i rintocchi di Maria Dolens. P.S. La prossima volta che un atleta di cento chili in piena forma cade a terra come un sacco di patate senza motivo proviamo a fischiare. Anche se è della nostra squadra. Orecchie aperte alle 21.30

La percezione è l'idea che abbiamo di ciò che ci circonda, la realtà è l'oggettivo stato delle cose. Per esempio ieri è crollato un ponte, un altro. Si sono fatti male in pochi perché stiamo tutti in casa. Qualche tempo prima i tecnici avevano garantito sulla tenuta della struttura. Il loro giudizio era basato su quello che riuscivano a percepire, la realtà però non si adegua ai nostri limiti. La storia non è nuova a questo genere di scollamento tra ciò che pensiamo sia vero e ciò che lo è. All'epoca degli esploratori spagnoli si credeva che oltre le isole Canarie non si potesse andare perché c’erano dei mostri, il mare diventava bollente, la Terra era piatta e si cadeva nel vuoto (questo ancora qualcuno lo pensa). Il fatto che non fosse stato verificato era irrilevante, la credenza era così radicata che chi affermava il contrario poteva finire al rogo. Sul Colle di Miravalle da molti anni artisti, diplomatici e studiosi si alternano nel tentativo di mostrarci la realtà com'è, spronandoci a evitare pregiudizi, anche quando converrebbe mantenerli, a non dare per scontati i pareri più diffusi, e a rischiare un po' quando serve. Questa crisi ci da il tempo per pensare, per andare al fondo delle cose. Anche perché se si rimane alla superficie c'è il rischio che i ponti crollino. Orecchie aperte alle 21.30