L'inquadratura è oggettivamente sbagliata, ma la foto non si può ignorare. Una brutta forma, per una volta, non cancella la sostanza, con buona pace delle agenzie di marketing. Esterno giorno. Un furgone fermo in un parcheggio qualsiasi, due persone riprese da lontano. Sono uomini, entrambi hanno la barba, indossano la stessa camicia, pregano. Piccola differenza: guardano in direzioni diverse. Uno in piedi con gli occhi a Gerusalemme, l'altro in ginocchio con il volto in direzione della Mecca. Per Avraham Mintz e Zoher Abu Jama, due paramedici del Magen David Adom di Bersabea, nel sud di Israele, è normale, lo fanno tutti i giorni: “Il virus non fa distinzioni di religione perché le dovremmo fare noi”. É come se due mondi, spesso contrapposti, si fossero dati appuntamento in un parcheggio solo perché è più efficiente fare la pausa pranzo nello stesso momento. Questa fotografia brutta, scattata da un loro collega, purtroppo sta facendo il giro del mondo. Perché non è ancora vero che due persone che pregano insieme un dio diverso fanno una cosa normale. Sarà vero quando l'immagine sparirà dai social perché nessuno la commenterà più, perché a nessuno sembrerà “fantastico”. Un'altra cosa che ci dice la Campana: “Proviamo a rendere normale una cosa fantastica”. Avraham e Zoher l'hanno fatto, sembrava impossibile. Orecchie aperte alle 21.30.

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