Rio de Janeiro, 16 luglio 1950, Maracanã, 199.854 spettatori paganti, quasi tutti. Al Brasile basta il pareggio per essere campione del mondo. Uno a zero per i verde-oro. È fatta, cominciano i festeggiamenti. L'Uruguay non è d'accordo. Finisce due a uno per “la Celeste”, qualcuno si suicida. Londra, 13 marzo 2020, decine di giornalisti con i taccuini aperti: “Il 60% dei britannici dovrà contrarre il coronavirus per sviluppare l'immunità di gregge”. Il Premier britannico Boris Johnson minimizza, poi cambia idea, si ammala, per fortuna guarisce, qualcun altro del suo paese no. Autunno 2011, Damasco, proteste di piazza. Le autorità chiudono al dialogo. La guerra è ancora in corso, ottocentomila persone sono sfollate nella regione di Idlib. Sottovalutare l'avversario non funziona. Quello che dice la Campana è che l'unico modo per ottenere un risultato è lavorare, prima. Il valore da mettere in gioco è sempre lo stesso, il rispetto. Se hai rispetto dell'avversario forse lo batti, se studi un virus forse lo debelli, se non dimentichi i conflitti del passato forse eviti che si verifichino di nuovo. Se pensi che la pace sia scontata come la vittoria del Brasile, rischi che al 79º il destro di Alcides Ghiggia finisca tra palo e portiere e addio sogni di gloria. Solo che con la guerra e il coronavirus perdono tutti. Orecchie aperte alle 21.30.

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