Certe malattie si curano, altre si inventano. Entrambi i metodi possono salvare vite. Per i virus come quello che ci tiene chiusi in casa ci vogliono un vaccino e una cura, per nascondere gli ebrei serve immaginazione e il coraggio di stare dalla parte giusta. Sull'isola Tiberina a Roma, al centro tra Trastevere e il Ghetto, c'è un ospedale. C'era già nel 1943 quando i nazisti setacciavano la città alla ricerca dei pochi scampati al rastrellamento del 16 ottobre. C'erano anche dei medici che conoscevano la natura umana, e sapevano che anche gli invasati sanguinari non aspirano a infettarsi per la patria. Quando le SS irruppero tra le corsie del Fatebenefratelli trovarono Adriano Ossicini e Giovanni Borromeo. “C'è un'epidemia, i pazienti hanno contratto il morbo K”. Le cartelle cliniche aggiungevano dettagli sugli effetti: convulsioni, paralisi, morte per asfissia. I soldati nel dubbio se ne andarono. Centinaia di malati di un morbo immaginario si salvarono. Decenni dopo, raccontandolo, Ossicini sorrideva ricordando di avere scelto la lettera “K” per sbeffeggiare Kesselring e Kappler. Provare a stare dalla parte dei perseguitati. Un consiglio che arriva ogni sera dal Colle. Orecchie aperte alle 21.30.

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