ACCADE ALL'ONU
GIORNATA MONDIALE DELLA SCIENZA PER LA PACE E LO SVILUPPO

 

Per vincere un Premio Nobel non basta essere intelligenti, bisogna anche avere una visione, pensare in termini universali e di lungo periodo. Giorgio Parisi, che il mese scorso ha ricevuto dall’Accademia delle Scienze di Stoccolma la telefonata che tutti gli studiosi sognano, si è dedicato a mettere ordine nel caos. L’ha fatto nella fisica, dove ha dato «contributi innovativi alla nostra comprensione dei sistemi complessi». Assieme a lui ci sono altri due vincitori, il meteorologo e climatologo giapponese, Syukuro Manabe, 90 anni, e l’oceanografo e modellatore climatico tedesco, Klaus Hasselmann, 89 anni, che hanno ricevuto il Nobel «per la modellazione fisica del clima terrestre, la quantificazione della variabilità e la previsione affidabile del riscaldamento globale». Tutti e tre lavorano su fenomeni che certamente sono caotici, ma solo apparentemente casuali. Si tratta di mettere ordine e quando ci riesci poi funziona anche in ambiti ai quali non avevi pensato, come la matematica, la biologia, le neuroscienze e o l’apprendimento automatico.

La scienza ha prodotto la penicillina, ma anche la bomba atomica, i pannelli fotovoltaici e le colture geneticamente modificate. In sostanza è uno strumento al servizio dell’umanità, che poi deve farne l’uso che ritiene, meglio se ritiene di utilizzarla per il bene comune. È sempre stato così, quello che è cambiato nell’ultimo secolo è la fiducia che riponiamo in questo mezzo a nostra disposizione. Lo stesso Parisi, tra un brindisi e l’altro, appena ricevuta la notizia del Nobel ha rilasciato una serie di interviste nelle quali ha sottolineato che in questo periodo «dubitiamo che le nostre condizioni miglioreranno e, consciamente o no, diamo la colpa alla scienza». Insomma «è vero che la nostra situazione è critica su molti fronti, ma per uscirne abbiamo bisogno di più scienza, non di meno scienza. E questo è particolarmente vero per il cambiamento climatico». Forse allora la Giornata mondiale della scienza per la Pace e lo sviluppo, voluta dalle Nazioni Unite, assume un sapore diverso, di stretta attualità, come dovrebbe essere sempre e non sempre è. Le celebrazioni sono fissate per il 10 novembre e tendono a sottolineare che la conoscenza e lo sviluppo tecnologico possono essere fondamentali per l’economia e l’ambiente, e un miglioramento in questi ambiti fa diminuire drasticamente le probabilità che si verifichino dei conflitti. Del resto gli scienziati, in un modo o in un altro, hanno sempre messo al centro del loro agire il dilemma etico. A volte superandolo “dal lato oscuro”, altre rinunciando a guadagni enormi per garantire a tutti la possibilità di accedere a determinate cure appena scoperte. Gli esempi che si potrebbero fare sono molti, ma, visto che siamo in tema di Nobel, si può ricordare proprio il signor Alfred, che dopo avere inventato l’esplosivo più potente mai conosciuto fino ai suoi tempi, «per farne ammenda e sollevarsene la coscienza come uomo istituì i premi per la promozione e la realizzazione della Pace».

La conoscenza e lo sviluppo tecnologico sono fondamentali per l’economia e la salvaguardia dell’ambiente.
Un miglioramento in questi ambiti fa diminuire i conflitti

Lo scriveva un altro che di scienza se ne intendeva, Albert Einstein, sottolineando, a proposito della bomba atomica, che «i fisici che hanno contribuito a forgiare la più formidabile e pericolosa arma di tutti i tempi sono tormentati da un identico senso di responsabilità, per non dire di colpa». «Dobbiamo continuare ad ammonire i governi - continuava - e a renderli consapevoli dell’indicibile disastro che provocheranno con certezza se non sapranno modificare in tempo il proprio atteggiamento».

Bertrand Russell, che non poteva vincere il Nobel perché era un matematico, in un’intervista alla Bbc nel 1959 sottolineava come i rapporti di solidarietà, compassione ed empatia dovessero amplificarsi per consentire la prosecuzione della vita in un pianeta sempre più affollato. «L’amore è saggio, l’odio è folle. In questo mondo che diventa sempre più interconnesso, dobbiamo imparare a tollerarci, dobbiamo imparare ad accettare il fatto che qualcuno dica cose che non ci piacciono. Solo così possiamo vivere insieme. Se vogliamo vivere insieme e non morire insieme, dobbiamo imparare una qualche forma di carità e tolleranza, che sono assolutamente vitali per la prosecuzione della vita umana sulla Terra». Non conosceva i social network, ma sembra ne avesse anticipato il senso.

Secondo il neo Nobel per la Fisica Giorgio Parisi in questo momento «dubitiamo che le nostre condizioni miglioreranno e, consciamente o no, diamo la colpa alla scienza»

Insieme Einstein e Russell nel 1955 furono promotori del Manifesto per la Pace chiedendo il disarmo nucleare. Non lo ottennero perché più forte delle loro idee erano e sono gli interessi economici che gravitano attorno al continuo alimentarsi delle guerre. «Nessun uomo di Stato che occupasse posizioni di responsabilità ha osato intraprendere l’unica rotta promettente ai fini di una Pace stabile, che è quella della sicurezza sovranazionale, poiché ciò avrebbe sicuramente significato la sua fine politica. Infatti le passioni politiche, che sono accese ovunque, esigono le loro vittime», commentò Einstein. Ecco perché accanto alla parola scienza, l’Onu ha messo nel tema della Giornata mondiale «per la Pace e lo sviluppo». Le cose devono camminare di pari passo, e per farlo c’è un solo modo. Ce lo ha insegnato un altro dei redattori del Manifesto, Józef Rotblat, l’unico degli scienziati coinvolti nel progetto Manhattan ad abbandonare il lavoro a causa di contrasti di natura morale. Anche a lui andò un Premio Nobel, quello per la Pace, nel 1995. Salì sul palco, prese la medaglia, il diploma personale, incassò una cospicua somma in denaro e disse una frase che vale per tutti in ogni epoca, scienziati e non: «Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto».

Pieter Paul Rubens, «Minerva protegge la Pace da Marte» (1629-1630, National Gallery di Londra)

«Allegoria della Scienza» (1894-1895, Complesso Cavalli, Padova), attribuito a Giacomo Manzoni

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