ACCADE AL CONSIGLIO D’EUROPA
IL PREMIO VÁCLAV HAVEL PER I DIRITTI UMANI VLADIMIR KARA-MURZA

Lo accusano di avere tradito il suo Paese. Lui dice di amarlo. Tutto qui. Dove finisce l’amore e inizia il tradimento? In Russia in questo momento storico ci sono diverse scuole di pensiero. Per esempio il presidente Vladimir Putin ritiene legittimo, per amor di Patria, stroncare sul nascere qualsiasi opposizione, limitare o reprimere la libertà di stampa e organizzare elezioni nelle quali immancabilmente vince lui. Vladimir Kara-Murza, uno dei leader dell’opposizione attualmente in carcere, pensa invece che amare il proprio Paese consista nel criticare un governo autoritario e fondare assieme ad altri un Comitato anti-guerra per contrastare l’invasione dell’Ucraina. Non si tratta però solo di una divergenza di opinioni, perché sostenendo le sue idee Putin continua a essere il presidente mentre Kara-Murza va in prigione e rischia oltre venti anni di reclusione, tutto questo dopo avere subito diversi tentativi di avvelenamento.

Si possono avere idee diverse sulle politiche da intraprendere, ma quando una scelta non può essere criticata pubblicamente si scivola automaticamente nell’autoritarismo.

Anche per questo l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce) ha assegnato il 10° Premio Václav Havel per i diritti umani proprio al dissidente russo. Il riconoscimento è stato consegnato durante una cerimonia organizzata all’apertura della sessione plenaria autunnale dell’Assemblea a Strasburgo. Nel riceverlo la moglie di Kara-Murza, Yevgeniya, ha dichiarato di essere «estremamente orgogliosa» del marito, il quale ha dedicato questa vittoria alle migliaia di russi che si sono espressi contro la guerra in Ucraina e continua a impegnarsi affinché «una Russia pacifica, democratica e senza Putin» torni un giorno nel Consiglio d’Europa.

Il presidente dell’Apce, Tiny Kox, che ha presieduto la giuria, ha sottolineato da parte sua che, «nonostante i rischi, Vladimir Kara-Murza ha avuto il coraggio di tornare nel suo Paese per portare avanti la sua lotta, pur avendo la possibilità di rimanere al sicuro. (…) Nella Russia di oggi occorre un incredibile coraggio per opporsi al potere. Oggi, Kara-Murza dà prova di tale coraggio, dalla sua cella di detenzione».

Vladimir Kara-Murza sta facendo qualcosa di importante, mettendo a repentaglio la propria vita per un’idea di libertà. Ma non è il solo, e lo scopo del Premio Václav Havel per i diritti umani è proprio quello di accendere un riflettore sulle storie di personaggi che «compiono azioni eccezionali della società civile in difesa dei diritti umani in Europa e altrove». Negli anni scorsi il riconoscimento è stato assegnato nell’ordine alla leader dell’opposizione bielorussa Maria Kalesnikava (2021), all’attivista saudita per i diritti delle donne Loujain Alhathloul (2020), congiuntamente a Ilham Tohti e all’Iniziativa della gioventù per i diritti umani (2019), a Oyub Titiev (2018), a Murat Arslan (2017), a Nadia Murad (2016), a Ludmilla Alexeeva (2015), ad Anar Mammadli (2014) e ad Ales Bialiatski (2013). Nessuno di loro può essere dimenticato.

La moglie di Kara-Murza, Yevgeniya, riceve il riconoscimento a Strasburgo

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