STORIE DI TRENTINI NEL MONDO
L’ESPERIENZA DI LUCIA LARENTIS FLAIM TRA LE DONNE EMIGRATE

 

Abbiamo chiesto ad alcuni discendenti di trentini emigrati di raccontare le loro storie in prima persona, ponendo l’accento su quanto la loro origine li abbia indirizzati e influenzati nella vita. Questo non sarebbe stato possibile senza l’attiva e amichevole collaborazione dell’Associazione Trentini nel Mondo, nata nel 1957 con finalità di solidarietà sociale e come strumento di aggregazione e assistenza per i migranti trentini e per i loro discendenti. Il personaggio da scoprire questo mese è l’attivista sociale trentina Lucia Larentis Flaim, in Canada dal 1970.

Ho scoperto l’emigrazione verificando in prima persona la veridicità del detto popolare «dove c’è Gigi c’è Parigi». Nell’agosto 1969, all’età di 25 anni, testimone al matrimonio di una cara amica a Revò, conobbi un suo cugino in ferie nel suo paese natale dopo sei anni di Canada. Che mi capitò di cadere come una pera cotta è dir poco! Lui rientrò a Toronto iniziando una corrispondenza giornaliera che durò fino al successivo aprile quando tornò in Trentino: ho sposato Thomas Flaim il 24 maggio 1970. Siamo arrivati a Toronto dopo il viaggio di nozze giù e su per l’Italia, che mio marito non conosceva affatto.

Ognuna di noi ha fatto tutto il possibile per alleviare le sofferenze dei bisognosi

A mia volta venni “scoperta” dai Trentini di Toronto nell’estate del 1972 quando l’allora arcivescovo di Trento, monsignor Alessandro Maria Gottardi, venne in Canada in visita pastorale e a Toronto fece tappa anche presso il Centro Organizzativo Scuole Tecniche Italiano (Costi), dove lavoravo, e che era stato co-fondato dall’ingegnere Trentino Lino Magagna.

I soci del Club che lo accompagnavano, riconobbero la “Trentinità” del cognome Flaim e dopo alcuni contatti iniziai a collaborare con loro. Così aiutavo anche mio marito a conoscere la comunità Trentina a lui sconosciuta, perché completamente immerso in quella Canadese per il suo lavoro di cuoco.

Morale della favola? Fui la prima donna a entrare nel Direttivo del Club dove cambiavo ruolo a seconda delle necessità e in base a quanto ero in grado di fare: da segretaria verbalizzante alle relazioni esterne ai rapporti con la Provincia autonoma di Trento e la Trentini nel mondo, fino alle pubbliche relazioni e così via. Del Club sono stata anche presidente, dal 2004 al 2012. E dal 1984 al 2018 ho fatto parte della Consulta provinciale dell’emigrazione.

Nel frattempo avevo cominciato a lavorare presso la Ryerson University e la famiglia era cresciuta con Roger, Nadia ed Eric che, pur nascendo a Toronto, venivano portati a Trento - la città dove sono nata - per essere battezzati nella chiesa di San Pietro, la stessa dove ci eravamo sposati.

Nel 1982 quando fu la volta di Toronto di ospitare la Convention dell’Ittona (la federazione che riunisce i circoli Trentini degli Stati Uniti e del Canada) manifestazione che si svolge ogni due anni, vincendo le iniziali perplessità di chi considerava troppo nuove, progressiste e innovative le mie idee, convinsi gli organizzatori che sarebbe stato opportuno far diventare la Convention un’occasione per fare un tuffo nel Trentino contemporaneo, che era cambiato dai tempi dell’emigrazione verso il Nord America. Nel programma dell’iniziativa, accanto ai tradizionali momenti di festa e convivialità, furono così inserite le mostre del libro Trentino, dell’artigianato, delle fotografie di Flavio Faganello e un’esibizione del Coro della Sat, tutte proposte che l’allora presidente della Provincia autonoma di Trento, Flavio Mengoni, approvò e sostenne.

Sono diventata una brava Canadese perché ero stata una brava Trentina

In quegli stessi giorni ci fu anche un evento che ricordo con grande gioia: il Coro della SAT si esibì a Ottawa, alla presenza del Primo Ministro Canadese dell’epoca, Pierre Elliott Trudeau, che espresse grandi apprezzamenti per come fu eseguito l’inno nazionale Canadese.

Due anni dopo, alla Convention Ittona di Chicago, la formula fu riproposta e questo accadde anche nelle edizioni successive. Quando nel 2010 la Convention tornò a Toronto, lo scrittore Alberto Folgheraiter presentò il suo libro in inglese, Beyond the threshold of time e ci furono vari workshop, tra i quali spiccava quello sul volontariato, arricchito dall’entusiasmo delle nuove generazioni di imparare cultura e radici Trentine.

Intanto, meditavo su cosa fare per le donne Trentine e appoggiata da Gino Osti, a quel tempo presidente del Club, e stuzzicata da loro stesse quando ci si incontrava a qualche festa, nel novembre 1983 fondai il Gruppo Femminile Trentino. Tale iniziativa portò le donne a essere consapevoli del loro valore e delle loro capacità passate e future, a occuparsi del prossimo e a capire che ogni esperienza, per negativa che potesse essere, valeva quanto una lezione di vita da cui imparare. La loro mente si aprì a una visuale tale che il motto «una per tutte, tutte per una» faceva loro apprezzare il valore di fare Gruppo. È stato così che incontri con esperti, riunioni sociali, le tombolate, gli spettacoli teatrali, le riunioni per cucire quilt (le tipiche coperte trapuntate canadesi), le cene potluck nel corso delle quali ognuno porta del cibo da condividere con gli altri partecipanti, le gite alla scoperta dell’Ontario e di Toronto e una memorabile a Trento, e le varie opere di beneficenza, vivacizzarono non solo la comunità Trentina ma portarono un certo lustro al nostro Gruppo. Si iniziò col sostenere i quattro anni di università di uno studente argentino, poi ci fu la costruzione di un villaggio con casette e pozzi nel Kerala in India e in seguito l’appoggio alla Kidney Foundation of Canada per il campeggio estivo per bimbi con malattie renali e per quello dei bimbi affetti da problemi al cuore del Sick Kids Hospital a Toronto.

Non ho una lista completa di quanto fatto, che sarebbe lunghissima, so solo che ognuna di noi ha fatto il meglio possibile per alleviare le sofferenze dei bisognosi.

Allo stesso tempo il mio motto era “vi aiuto ad aiutarvi” e mi sentivo contenta nel constatare quanto tutte insieme si era cresciute in maturità, fiducia e consapevolezza. Inoltre, abbiamo sempre preferito “dare” puntando ad avere qualche ricaduta di cui sentirsi soddisfatte, evitando di contribuire solo con denaro, con il rischio che poi finisse nel classico calderone. Tra i tanti episodi, ne ricordo uno con tanta simpatia. Il terremoto in Abruzzo suscitò grande commozione e notammo che i Vigili del Fuoco di Trento e provincia furono tra i primi a correre in aiuto e così il nostro contributo andò a sostegno del loro campeggio estivo in Trentino, al quale presero parte anche alcune giovani ragazze abruzzesi.

Adesso noi, Donne Trentine a Toronto, saremo magari solo due dozzine, alcune col bastone, altre impossibilitate a spostarsi ma continuiamo a fare il nostro dovere per la Kidney Foundation e il Sick Kids Hospital, trovandoci il pomeriggio invece che la sera, perché è più facile guidare l’automobile di giorno. Probabilmente il Gruppo, lo dico con tanta serenità, morirà di morte naturale perché non sono riuscita a fare il passaggio generazionale, perché la società, la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da gigante, ma a volte lasciando senza guida chi avrebbe avuto bisogno di rapporti interpersonali e comunitari.

Chiudo dicendomi che in quanto ho scritto finora ho parlato solo di cose avvenute e non di sentimenti, sconfitte, conquiste, sensazioni, sogni, dubbi, ma con la convinzione più profonda che sono diventata una brava Canadese perché ero stata una brava Trentina.

Lucia Larentis Flaim

Lucia Larentis Flaim con la sua famiglia

Il Gruppo Femminile Trentino nel 2012

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