La Voce di Maria Dolens

Per offrire uno spazio di riflessione in questo periodo del tutto straordinario che stiamo vivendo, la Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto ha chiesto a Marcello Filotei, giornalista de "L'Osservatore Romano", di scrivere ogni giorno un breve articolo che prendendo spunto dall'attualità richiami l'importanza dei valori ai quali si ispira l'attività della Fondazione.
La rubrica si intitola "La voce di Maria Dolens" e viene pubblicata sul quotidiano "L'Adige" nelle pagine di Rovereto.

 

Il 23 maggio 1992 nel tragitto da Punta Raisi a Palermo, all'altezza dello svincolo autostradale di Capaci, una bomba fa saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie e i tre uomini della scorta. Cinquantasette giorni dopo, in Via D'Amelio a Palermo, anche il magistrato Paolo Borsellino viene ucciso assieme a cinque uomini che lo proteggevano. Oggi è la Giornata della Legalità, per ricordare quei fatti, e per tenere a mente che senza giustizia non c'è pace. L'idea non è nuova. Papi e associazioni laiche la ripetono da decenni. Nuovo sarebbe affiancare alla repressione dei crimini, necessaria per fermare la guerra, una profonda e radicata cultura della legalità, unica premessa per la pace. Si tratta di ricostruire, dove non c'è, un'alleanza tra istituzioni e società civile e di lottare ovunque contro la disuguaglianza sociale e la corruzione, il lievito dell'ingiustizia. «Cultura della legalità significa cittadini svegli, positivamente inquieti», sostiene don Luigi Ciotti, che nel 1995 ha fondato «Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie». Se vogliamo lavorare per la pace, proviamo con l'inquietudine, l'alternativa sarebbe l'apatia. Orecchie aperte alle 21.30.

Esattamente dieci anni fa sul Colle di Miravalle si riunivano alcuni tra i maggiori musicisti del mondo. Tra questi, per fare qualche nome, c'erano Ennio Morricone e Salvatore Sciarrino. Due tipi con un carattere forte, ma molto diverso, come i loro lavori. Una cosa però li accomuna, entrambi amano l'armonia, tra le note e tra le persone. Per questo hanno accettato di fare parte della giuria del Concorso internazionale di composizione “Strumenti di Pace”, che in quell'edizione ha portato alla Campana l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il baritono Christian Miedl, diretti da Daniel Kawka. In programma c'era buona musica, ma non era un concerto, era un appello per la pace. Da cinque continenti arrivarono partiture che riflettevano su questo tema, in libertà. L'unico obbligo era quello di utilizzare tre versetti sacri, uno tratto dal Vecchio Testamento, uno dal Vangelo e uno dal Corano. Tutti e tre dicevano la stessa cosa: la pace si fa insieme. Morricone, come da regolamento, compose un pezzo sullo stesso testo. Si intitola Jerusalem e ha fatto il giro del mondo. Decise di dedicarlo a Maria Dolens e di fargliene dono, e questo non era previsto dal regolamento. Orecchie aperte alle 21.30.

Quando Winston Churchill andava a dormire tirava la tenda. Nel rifugio da dove dirigeva la difesa durante la seconda guerra mondiale non entravano né nazisti né luce, ma c'era una grande mappa. Dopo averla guardata tutto il giorno per decidere la migliore strategia militare da attuare il capo di governo non ce la faceva più. La copriva, fumava, beveva un po', e dormiva. Le guerre si vincono anche pensando ad altro. Anche in questi giorni c'è bisogno di distrarsi. Fare il pane in casa è piacevole, ma un aperitivo all'aperto di più. Le strade si sono affollate di nuovo, le mascherine sono scomode, ed è bello avere gli amici vicino. Churchill ha vinto la guerra e subito dopo ha perso le elezioni. È la democrazia. Noi abbiamo superato la fase in cui ci dicevano cosa fare, ora dobbiamo decidere da soli. È sempre la democrazia, e beato chi ce l'ha. Si tratta “solo” di trovare la proporzione tra il benessere del singolo e quello della comunità. Tra distrazione e responsabilità. Il problema è sempre lo stesso, dalle riunioni di condominio fino all'Onu. Churchill per salvare la democrazia tirava la tenda, a noi basta non tirare troppo la corda. Orecchie aperte alle 21.30.

«Aó, sto a parla' co' te». I parchi sono riaperti e cominciano a rivedersi gli adolescenti in giro. Fanno lezione da casa da mesi e non vedono l'ora di rincontrarsi di persona. Tra loro discutono alla pari, e parlano come viene. Qualche volta anche in dialetto. Chi non è più adolescente si stupisce che quella frase l'abbia pronunciata una ragazzina di colore, vispa parecchio e molto popolare tra gli amici. È cresciuta assieme a loro, tiferà per la stessa squadra di calcio, o per quell'altra, e sarà innamorata degli stessi protagonisti delle serie tv. È nata in Italia, parla solo italiano con cadenza romanesca, insomma sta a casa sua, come è auspicabile avvenga anche per gli oltre 100.000 bambini venuti alla luce nella penisola nel 2018 con almeno uno dei genitori straniero. Ogni euro speso perché nessuno di loro si senta fuori posto non solo è utile nell’immediato, ma è anche l'unico modo per affrontare le sfide di un mondo che sta diventando sempre più piccolo. Gli adolescenti l'hanno già imparato e scherzano con l'amica senza pregiudizi. Gli ex adolescenti fanno più fatica perché non sono abituati. Ma non gli altri, noi. «Aó, sto a parla' co' te». Orecchie aperte alle 21.30.

Un avvocato è una parte importante della democrazia. Ma prima lo deve imparare. Meglio se qualcuno glielo spiega subito, il primo giorno di scuola. Da ieri un magistrato che insegna agli avvocati dirige un tribunale di vetro fatto a forma di bilancia. L'architetto Richard Rogers nel 1994 ha creato questo simbolo che proietta equilibrio e trasparenza verso l'esterno. Il nuovo presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo ha 47 anni, è nato a Reykjavik. Di padre napoletano ha la doppia cittadinanza. Robert Spano è il più giovane della storia a ricoprire l'incarico. Succede a Guido Raimondi, che nell'ottobre 2017 era al Colle di Miravalle per una lectio magistralis. Si è assunto il compito di tutelare i diritti fondamentali di oltre 820 milioni di persone nei 47 Paesi che fanno parte del Consiglio d'Europa. Parla cinque lingue, si è occupato con successo di inchieste delicate, ha preso i voti più alti in tutte le materie che esistono, ma non è questo che conta. Il primo giorno di lezione ai suoi allievi dice sempre la stessa frase: «Non sono qui per farti arricchire. Voglio insegnarti che un avvocato è una parte importante della democrazia». Orecchie aperte alle 21.30.

Non solo siamo fragili, ma se non vogliamo peggiorare la nostra condizione dobbiamo aiutare chi è più fragile di noi. Non è una precetto religioso, né un'utopia buonista, è economia. Lo dice la Banca Mondiale: il maggior pericolo per la sicurezza globale viene dalla debolezza degli Stati nazionali. C'è voluta una pandemia, ma alla fine l'abbiamo capito. Chiamando le cose con il loro nome, Senato e Camera degli Stati Uniti hanno approvato, con un insolito e massiccio voto bipartisan, il Global Fragility Act, che chiede alla Casa Bianca di «avere come priorità nei prossimi dieci anni una strategia di aiuti all'estero» andando a «combattere alle radici le cause dell'instabilità» con programmi per aggredire «disagio, diseguaglianze e povertà al fine di prevenire violenze e conflitti». Più o meno quello che è scritto nel Memorandum di Pace firmato dai Paesi che scelgono di issare la loro bandiera sul Colle di Miravalle. Finora, pur compiacendoci dei vantaggi della globalizzazione e dell'interconnessione, pensavamo di poter vivere tranquillamente mentre intorno continuavano a sparare. Non si può fare. Già siamo fragili se stiamo uniti, figuriamoci da soli. Orecchie aperte alle 21.30.

Vivi e morti, tutti in fila. File di camion per portare via le bare da Bergamo, camion refrigerati schierati uno dopo l'altro e usati come obitorio mobile a New York. Code interminabili ai supermercati. Prima pagavamo tutti e tornavamo a casa a cantare l'inno nazionale dalle finestre, ora qualcuno prova a saltare le casse per portare via la spesa gratis. È successo a Palermo, è arrivata la polizia, il giorno dopo hanno presidiato i centri commerciali in tenuta antisommossa. Sui social è apparso il gruppo "Rivoluzione nazionale". Stock di economisti prevedono il crollo del Pil e il blocco del “lavoro nero”. Alla mensa della Caritas gli assembramenti sono la normalità, ma ora in fila ci sono categorie nuove. In coda per un lavoro pure operatori sanitari, baristi, venditori ambulanti di stoffe. Vogliono tutti diventare braccianti. Una nuova vita, più faticosa, parecchio. “La terra è bassa”, dicevano gli anziani. Prima lo avevano capito gli immigrati irregolari che coltivavano i nostri pomodori, adesso lo sappiamo anche noi. Oggi la Campana suona per commemorare chi non può più saltare la fila e per ricordare agli altri che insieme la coda sembra meno lunga. Orecchie aperte alle 21.30.

“Come Wanda Berasi mi si filavano in pochi”. Una donna pittrice, scultrice, scrittrice, poetessa, ceramista, operatrice culturale. Imperdonabile. Erano gli anni '50 e poi i '60, per un'artista era meglio essere un uomo, e anche per qualsiasi altro mestiere. Si diede un nome che non rivelava il suo genere, diventò Muky. Sciolta dal pregiudizio ha promosso l'informale in mezzo mondo, ha incontrato tutti, li ha invitati a cena a casa sua e ha chiesto a qualcuno di firmare un piatto. Da tre decenni quasi ogni anno, verso ottobre, si ferma a riflettere su quello che è appena accaduto e lo sintetizza in un presepe. Decine di istantanee sugli orrori del mondo. Urla di pace. Ognuna con il segno distintivo di un conflitto ravvicinato, contemporaneo. Scrive libri fuori dal coro. In Borderline nel 1978, assieme ad Angelo Gherardi, ha raccontato la storia di un’esistenza combattuta con l’unica arma dell'amore. Dice di avere più di 90 anni, ma deve essere una bugia come quella del nome. Ha lo stesso coraggio della ragazza che in Romagna girava con i pantaloncini corti tra le signore con il fazzoletto nero in testa. I suoi lavori sono al Colle di Miravalle. Orecchie aperte alle 21.30.

“Ci sarà bel tempo” significa “aspettatevi una giornata di sole”. Nelle metropoli la pioggia è una sciagura, il traffico aumenta, i tombini si intasano, il turismo rallenta, i ristoranti si svuotano. La maggior parte di noi vive in città quindi il meteo-show, come è stato ribattezzato il regno di Bernacca, si adegua alle preferenze degli spettatori. Quei pochi che hanno scelto la campagna devono scoprire da soli che da marzo a metà aprile si è inasprita la siccità che si trascinava da inizio anno. Il coronavirus ha portato con se la più elevata anomalia primaverile degli ultimi 60 anni, soprattuto al Nord. Il caldo mette a rischio i raccolti, ma allegri sta arrivando “la bella stagione”. Ogni punto di vista è parziale e non basta che lo sostengano in tanti per farlo diventare oggettivo. Tocqueville chiamava “dittatura della maggioranza” quella degenerazione della democrazia in cui in molti decidono per tutti, senza tenere in conto le minoranze. Guardiamo le cose da diverse angolazioni, proviamo a non lasciare indietro nessuno e attendiamo sul divano l'annuncio della rivoluzione culturale: “In arrivo sulla penisola un piacevole periodo di piogge”. Orecchie aperte alle 21.30.

Una giornalista statunitense di origine cinese ha fatto una domanda sul Covid al capo della Casa Bianca. A lui non sono piaciute né lei né la domanda. Ha liquidato entrambe con un generico «chiedi alla Cina». Indignazione generale, fine della conferenza stampa. Negli ultimi mesi Trump ha cominciato a chiamare il coronavirus chinese flu, per insinuare, poco velatamente, che ci siano responsabilità di Pechino nella diffusione della pandemia. In concomitanza con il dispiegarsi della strategia comunicativa, negli Usa gli episodi di razzismo contro gli asioamericani sono sensibilmente aumentati, al punto da spingere l'Fbi a parlare di «allarme». Le cose non diventano vere solo perché le dicono persone che ricoprono importanti ruoli istituzionali, però le conseguenze spesso sono reali. Anche in Italia il “dagli al cinese” era diventato uno sport nazionale, poi l'attenzione si è spostata sui rider, che circolano liberamente per portarci la pizza in tempo per la cena. C'è curiosità e attesa per la scelta della prossima categoria di untori. Prendersela con qualcun altro è molto facile, il difficile è mettersi in gioco. Ricominciamo da noi, c'è un mondo da rimettere in moto. Orecchie aperte alle 21.30.

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