Il 23 maggio 1992 nel tragitto da Punta Raisi a Palermo, all'altezza dello svincolo autostradale di Capaci, una bomba fa saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie e i tre uomini della scorta. Cinquantasette giorni dopo, in Via D'Amelio a Palermo, anche il magistrato Paolo Borsellino viene ucciso assieme a cinque uomini che lo proteggevano. Oggi è la Giornata della Legalità, per ricordare quei fatti, e per tenere a mente che senza giustizia non c'è pace. L'idea non è nuova. Papi e associazioni laiche la ripetono da decenni. Nuovo sarebbe affiancare alla repressione dei crimini, necessaria per fermare la guerra, una profonda e radicata cultura della legalità, unica premessa per la pace. Si tratta di ricostruire, dove non c'è, un'alleanza tra istituzioni e società civile e di lottare ovunque contro la disuguaglianza sociale e la corruzione, il lievito dell'ingiustizia. «Cultura della legalità significa cittadini svegli, positivamente inquieti», sostiene don Luigi Ciotti, che nel 1995 ha fondato «Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie». Se vogliamo lavorare per la pace, proviamo con l'inquietudine, l'alternativa sarebbe l'apatia. Orecchie aperte alle 21.30.

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