ACCADE AL CONSIGLIO D’EUROPA
A COLLOQUIO CON ARTURO ARCANO, INCARICATO D’AFFARI ITALIANO PRESSO IL COE

 

Il 16 e il 17 maggio scorsi si è tenuto a Reykjavík il IV Vertice di Capi di Stato e di governo del Consiglio d’Europa. Un evento di particolare rilievo, soprattutto per il momento difficile che sta vivendo la regione dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Abbiamo chiesto ad Arturo Arcano, incaricato d’Affari italiano presso il Consiglio d’Europa, quali sono stati i principali risultati raggiunti.

«Il fatto che sia stato solo il IV vertice nella ultrasettantennale storia dell’Organizzazione - ci ha risposto - dimostra già di per sé il carattere eccezionale dell’evento. In Europa viviamo in effetti tempi eccezionali e cruciali per il destino e gli assetti futuri del continente. Con la decisione di tenere il vertice, i Paesi membri del Consiglio d’Europa hanno voluto riaffermare il ruolo e il rilievo politico dell’organizzazione nel difendere e promuovere principi comuni fondamentali - i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto - pesantemente attaccati e messi in questione dall’aggressione russa all’Ucraina. Il Consiglio d’Europa ha reagito immediatamente, tra l’altro sotto la presidenza di turno italiana, decidendo, prima la sospensione e poi, il 16 marzo 2022, l’esclusione della Federazione russa dall’organizzazione. In nome della difesa dei principi e valori fondamentali che li accomunano, i leader dei 46 Stati membri hanno dichiarato solennemente il loro assoluto sostegno all’Ucraina e al popolo ucraino, vittima della brutale aggressione. Di fronte ai rischi di arretramenti in Europa sul fronte del rispetto dei principi democratici, il vertice ha inoltre adottato i «Principi della democrazia di Reykjavik», un catalogo di principi fondamentali che dovrebbero essere alla base di ogni sistema democratico e partecipativo. È stato riaffermato il ruolo cruciale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e della relativa Corte europea di Strasburgo, quali pietre angolari della difesa delle libertà fondamentali e, in ultima analisi, della Pace e della stabilità nel continente. Il vertice si è anche pronunciato sull’ormai essenziale legame tra i diritti umani e l’ambiente, e su quanto il Consiglio d’Europa possa fare, nell’ambito delle sue competenze, per approfondire gli aspetti di natura giuridica, sulla base della giurisprudenza della Corte e della messa a sistema del lavoro attualmente in atto in alcuni degli organismi intergovernativi dell’organizzazione. Uno specifico documento allegato alla Dichiarazione dei leader ha denunciato il crimine perpetrato dalle autorità russe con la deportazione forzata dei bambini ucraini, confermando il pieno sostegno a Kiev affinché i bambini ritornino in patria e i responsabili di tale crimine siano perseguiti. Inoltre sono state definite precise e dettagliate misure per garantire il pieno rispetto dei diritti dei bambini ucraini temporaneamente ospitati negli Stati membri, sulla scorta della importante esperienza del Consiglio d’Europa nel predisporre linee-guida per la tutela dei soggetti più vulnerabili. E, last but not least, i leader hanno adottato una dichiarazione politica di sostegno al Registro dei danni causati dall’aggressione russa all’Ucraina, istituito proprio in occasione del Vertice e di cui è senza dubbio il principale risultato».

 

Quale è l’importanza pratica del Registro?

Si tratta di uno strumento essenziale e di una delle prime azioni concrete della comunità internazionale in tema di imputazione di responsabilità della Federazione russa per tutte le violazioni perpetrate in Ucraina o contro l’Ucraina, come affermato dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 14 novembre 2022. È un primo passo verso l’istituzione di un meccanismo di compensazione dei danni, sui cui la comunità internazionale sta discutendo, che potrebbe contemplare in futuro una commissione per l’accertamento dei diritti ai risarcimenti e un fondo per le compensazioni dei danni accertati. Le previsioni dicono che il Registro potrebbe ricevere oltre 20.000 richieste di registrazione all’anno e per questo ci siamo impegnati a dotarlo di risorse umane e materiali adeguate. Si è già tenuta la prima riunione della Conferenza delle Parti, è stato già nominato un Direttore esecutivo e sono già state allocate risorse per il funzionamento in questi primi mesi. Inoltre, a tempo di record, i Paesi Bassi e il Consiglio d’Europa stanno finalizzando l’accordo di sede. Insomma, rendere il Registro immediatamente operativo è una priorità assoluta del Consiglio d’Europa. Il Consiglio d’Europa vuole infatti fornire il proprio contributo agli sforzi della comunità internazionale affinché le vittime ricevano al più presto risposta alla loro domanda di giustizia. Lo fa mettendo a disposizione la sua esperienza e il suo bagaglio di conoscenze specifiche nella raccolta dei reclami, maturata nell’ambito dell’attività della Corte europea e non solo.

 

Come favorire l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo?

L’obbligo di rispettare le sentenze della Corte europea, sancito dall’articolo 46 della Convenzione, è assolutamente imprescindibile e non può essere condizionato o attenuato da alcuna circostanza, se si vuol preservare la credibilità e la tenuta di tutto il sistema convenzionale posto a tutela dei diritti fondamentali. Il vertice ha affermato chiaramente questo principio, anche con un documento ad hoc allegato alla Dichiarazione principale. Rimane cruciale rafforzare i meccanismi di supervisione dell’esecuzione delle sentenze della Corte, gestiti attualmente dal Comitato dei Ministri, innanzitutto privilegiando un approccio cooperativo laddove vi siano oggettive difficoltà degli Stati, nelle loro varie ramificazioni, ivi incluso il potere giudiziario. Penso soprattutto ai casi individuati come strutturali, la cui esecuzione richiede profonde modifiche legislative o amministrative di non semplice realizzazione e dai tempi di attuazione spesso lunghi. In questo caso, può essere utile l’attività di assistenza tecnica svolta dalle strutture del Consiglio d’Europa in un’ottica di dialogo con lo Stato. Analogamente è cruciale che vengano rafforzate le piattaforme di incontro e di dialogo tra la Corte europea e le Alte Corti nazionali, sviluppando iniziative come quella del network promosso dal Consiglio d’Europa. Essenziale inoltre l’attività di formazione dei giudici nazionali e la divulgazione delle sentenze e della giurisprudenza della Corte europea.

Esiste ovviamente anche un problema di natura politica, quando vi sia un acclarato e persistente rifiuto dell’obbligo di esecuzione, l’indipendenza del potere giudiziario non sia garantita e il principio della separazione dei poteri non pienamente attuato. In tali casi la Convenzione e suoi successivi protocolli prevedono la possibilità di adottare misure nei confronti dello Stato inadempiente, ma non ne specificano in dettaglio natura e modalità di esecuzione. Sono aspetti ancora aperti e sui quali sta per essere avviato un dibattito proprio a seguito del vertice di Reykjavik.

 

In che modo si può accrescere la visibilità del Consiglio d’Europa tra la popolazione degli Stati membri?

In effetti, uno dei temi attualmente in discussione è proprio quello di accrescere la visibilità delle attività del Consiglio d’Europa e, a tal riguardo, il segretariato del Consiglio d’Europa sta attuando un piano di comunicazione, avviato peraltro su impulso proprio della nostra presidenza, per far conoscere presso il grande pubblico, ma anche presso alcuni addetti ai lavori, quanto il Consiglio d’Europa faccia per difendere e promuovere diritti e principi fondamentali in Europa. Basti pensare al ruolo della Corte europea nella promozione dei diritti umani o a quello della Commissione di Venezia che, con le sue “opinioni” sulle riforme costituzionali ed elettorali negli Stati membri, costituisce un punto di riferimento essenziale nella tutela dello stato di diritto non solo in Europa ma a livello globale. Si pensi, inoltre, al ruolo che hanno i benchmark fissati dal Consiglio d’Europa in tema di stato di diritto o di efficienza della giustizia con la Commissione Europa per l’efficienza della giustizia (Cepej), utilizzati dalla Commissione europea per stilare le proprie periodiche valutazioni sul rispetto dello stato di diritto nei Paesi Ue. Occorre che vi sia maggiore consapevolezza dell’impatto sulla vita dei cittadini europei del lavoro svolto nell’ambito del Consiglio d’Europa e gli esempi non mancano: in tema di contrasto alla violenza contro le donne in ambito domestico, la Convenzione di Istanbul costituisce un caposaldo essenziale a livello globale e ha influenzato le legislazioni nazionali sul tema, anche attraverso il prezioso lavoro di monitoraggio svolto dal Gruppo di esperti sulla violenza contro le donne (Grevio). Pensiamo anche alla Farmacopea, che pochi sanno essere parte integrante del Consiglio d’Europa e che elabora standard qualitativi sui medicinali e sulle pratiche mediche a tutela della salute di tutti i cittadini europei e non solo. E gli esempi potrebbero continuare. Ovviamente questa attività di informazione può avere successo solo con un’azione decisa anche a livello degli Stati membri. L’Italia, attraverso il lavoro dell’Ufficio distaccato del Consiglio d’Europa a Venezia, conduce sistematicamente attività informative a livello di accademie e centri di studio specializzati, coinvolgendo anche la società civile e il mondo dei giovani.

In particolare durante il nostro semestre di Presidenza nel 2022 questa azione è stata particolarmente intensa, anche a livello di scuole primarie, presso le quali è stato distribuito materiale informativo e didattico sui diritti dell’Uomo e sulla loro tutela nell’ambito del Consiglio d’Europa. Ritengo che una maggiore conoscenza del Consiglio d’Europa e delle sue attività debba inserirsi in una complessiva strategia formativa sui diritti e i doveri di cittadinanza da condurre proprio nelle scuole e di cui oggi si sente sempre più bisogno.

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