PER CHI SUONA LA CAMPANA - P5

 

A Calliano il 23 maggio 1925 pioveva. Poco, ma pioveva. La gente si bagnava volentieri, restava in strada ad aspettare perché era un giorno particolare. Stava arrivando la Campana, fusa il 30 ottobre dell’anno prima nel quartiere di Piedicastello a Trento, ai piedi del Doss Trento, dove dieci anni dopo sarebbe stato eretto il monumento a Cesare Battisti.

La fonderia Colbacchini aveva fatto un buon lavoro, le madrine erano venute da ogni parte d’Italia e si erano unite ai rappresentanti della «Legione Trentina». Il vescovo Celestino Endrici, che dovrà aspettare fino al 14 giugno 1929 per essere elevato alla dignità di arcivescovo da Papa Pio XI, aveva benedetto il lavoro febbrile degli artigiani nella grande fucina illuminata a tratti da lingue di fuoco. La fusione vera e propria era durata meno di dieci minuti. I momenti di tensione non erano mancati. Ma alla fine il grido «Viva l’Italia» aveva annunciato che tutto era andato bene. La Campana più grande della penisola, una delle più imponenti del mondo, era nata. Pesava 110 quintali, era alta 2 metri e 58 centimetri, il diametro era di 2 metri e 55 centimetri e il battaglio pesava 6 quintali.

Per qualche mese si pensò a preparare le cerimonie del battesimo e dell’inaugurazione. Don Rossaro ideò una serie di iniziative da affiancare ai «gloriosi riti» della Campana che coinvolsero artisti e artigiani locali. Fu coniata una medaglia commemorativa nello stile dei medaglioni del Rinascimento. Luigi Ratini, maestro dell’arte incisoria, preparò una cartolina celebrativa.

Stemmi, sigle, copertine, timbri, testate, fregi di vario genere furono prodotti da numerosi artisti. Intanto l’architetto Giovanni Tiella stava completando il progetto per il rafforzamento del bastione Malipiero.

Il 29 marzo 1925, due mesi prima della pioggia di Calliano, si riunì la commissione che doveva scegliere l’inno ufficiale della Campana tra i lavori che avevano partecipato al concorso bandito l’anno prima. Il testo era stato scritto da don Rossaro. Tra i 97 partecipanti prevalse Elio Marini (con lo pseudonimo di Ero Mariani), un compositore di Merano. Della sua partitura furono apprezzati «la semplicità, il carattere, la cantabilità e l’indole dei versi musicati».

Meno di due mesi dopo, il 18 maggio, ci fu il collaudo e la perizia di tre commissioni di esperti, tutti concordi nel decretare che ci si trovava «dinanzi a una vera e propria opera d’arte, la quale mentre arreca grande decoro alla città di Rovereto che la custodirà, riesce di sommo onore alla ditta che ne curò la fusione».

Era il momento di portare la Campana a casa, ma per arrivare a Rovereto si scelse un percorso che consentisse a tutti di capire quello che era accaduto. Un carro trainato da un mezzo motorizzato partì dalla fonderia, passò per le vie di Trento, uscì dalla città, visitò i paesi della valle tra due ali di folla. A Calliano il 23 maggio 1925 pioveva. Poco, ma pioveva. Dalle finestre lanciavano petali di fiori. Una signora anziana gridò: «Adess moro contenta!», che non ha bisogno di traduzioni.

Iscriviti alla nostra newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione