RELIGIOSO E DIFENSORE DEI DIRITTI DEGLI INDIANI

 

Fino al 28 gennaio è in corso presso la sede della Campana dei Caduti la mostra intitolata: «Io Kino – Diario immaginario dell’Apostolo dei Nativi d’America. Padre Eusebio Francesco Chini (Kino)». L’esposizione propone al visitatore quadri di Luigi Ballarin e racconti di Mauro Neri. Abbiamo chiesto ad Alberto Chini, presidente Associazione Culturale padre Eusebio Francesco Chini, di tracciare per noi il percorso di vita di un uomo che, in un’epoca di conquista, è riuscito a conciliare la propria vocazione religiosa con il rispetto delle tradizioni dei nativi americani.

Eusebio Chini nasce a Segno, nella trentina Val di Non, il 10 agosto 1645. Battezzato nella chiesa pievana di Torra, intraprende gli studi elementari ginnasiali nel Collegio gesuita di Trento, per continuarli ad Hall, in Tirolo, dove nel 1663 si ammala gravemente e in punto di morte prega san Francesco Saverio per la sua guarigione, promettendo di dedicare la sua vita alle missioni. Eusebio guarisce e in segno di gratitudine aggiunge al suo il nome del santo.

Prosegue gli studi nelle università della Baviera. Si iscrive all’Ateneo arciducale di Friburgo in Brisgovia per studiare letteratura, filosofia, astronomia e scienze naturali. A Ingolstadt Eusebio studia l’astronomia, la cartografia, la geografia e la matematica. Nel 1675 riceve la visita del principe elettore della Baviera, duca Ferdinando Maria, che lo voleva come insegnante di matematica all’Università e in privato per il figlio Max II Emanuel. Rifiuta l’offerta a causa del suo giuramento di diventare missionario.

Nel giugno del 1677 viene ordinato sacerdote a Eichstätt dal principe Vescovo e si sottopone al suo ultimo periodo di preparazione ad Altötting, luogo di pellegrinaggio chiamato la ”Loreto della Baviera”.

Dopo le ripetute richieste al padre generale dei Gesuiti per dedicarsi alle missioni nelle Indie come, pochi anni prima di lui, aveva fatto Martino Martini, viene destinato alle missioni della “Nuova Spagna”.

Il 30 marzo 1678, Eusebio Francesco Chini, lascia Altötting per Genova dove il 17 giugno si imbarca con altri 17 gesuiti per Cadice.

Sfortunatamente vi arriva poche ore dopo la partenza della flotta atlantica. Rimane così in Spagna per quasi tre anni dove approfondisce la lingua spagnola, insegna matematica e cartografia a Siviglia. Finalmente il 29 gennaio 1681 si imbarca assieme ai suoi confratelli per Veracruz dove arriva dopo 96 giorni. Durante la traversata osserva la Grande Cometa, o “Cometa di Kirch”, sulla quale scrive un trattato che poi pubblicherà a Città del Messico.

Il gesuita Eusebio Francesco Chini ha 36 anni. Esauriti rapidamente i tentativi spagnoli di creare insediamenti stabili nella penisola della Bassa California, ispanizza il suo nome in Francisco Kino e dà inizio, il 13 marzo 1687, all’impresa della sua vita: l’evangelizzazione e lo sviluppo civile, sociale, economico delle genti che abitano la Pimeria Alta, le tribù del popolo Pima, a nord-est del Rio Sonora. L’esperienza missionaria in Bassa California rimane comunque nel suo cuore. Il ricordo degli Indios a cui aveva iniziato a insegnare il Vangelo e che ha dovuto abbandonare è vivo. Le sue esplorazioni alla ricerca di un passaggio terrestre alla Bassa California, allora considerata un’isola, erano finalizzate a fornire aiuto a queste popolazioni con l’invio di viveri, sementi e animali da allevamento.

L’avventura durerà fino alla morte, nel 1711: per ventiquattro anni padre Kino sarà l’anima delle molte missioni da lui fondate, oggi fiorenti città degli Stati di Sonora e di Arizona. Sarà al contempo religioso e difensore dei diritti degli indiani. È esploratore, storiografo, cartografo, pioniere, cow-boy, ranchero.

Insegna la coltivazione di frutti e verdure sconosciuti in quelle terre, introduce l’allevamento del bestiame. Tutela strenuamente la dignità e gli interessi dei locali contro la prepotenza dei conquistatori. Forgia e determina lo sviluppo economico di una terra desertica bruciata dal sole.

Compie molti viaggi di esplorazione verso nord, fino al Rio Colorado, fornendo la prova scientifica del fatto che la California è una penisola.

Muore alla mezzanotte del 15 marzo 1711, a Magdalena, come è vissuto: «In Pace e in povertà, sul limitare di qualcosa di molto più grande» (P. Charles W. Polzer). Subito a Magdalena nasce il culto del padre Kino fra i fedeli di Sonora, Arizona, Sinaloa, Chihuahua e Bassa California. Un culto che trasforma, da trecento anni, la devozione di padre Kino a san Francesco Saverio nell’omaggio degli Indios al padre pioniere della Pimeria Alta.

Il 14 febbraio 1965, nella National Hall of Statuary di Washington, l’Arizona vive un giorno di grande festa: nel Capitol della Confederazione stellata viene dedicata la statua del padre fondatore dello Stato, Eusebio Francisco Kino, accanto ai più famosi personaggi degli Stati Uniti. Explorer, Historian, Rancher, Mission builder and Apostle to the Indians recita la scritta sul basamento e sintetizza una vita intera dedicata a Dio e agli indiani Pimas.

Nel 1966 il Messico dedica a lui la città di Magdalena de Kino con una piazza monumentale e il mausoleo dove sono conservate le sue spoglie mortali oggetto di venerazione. In numerose altre città dell’America, e del Messico sono eretti monumenti che lo ricordano e testimoniano la loro gratitudine. Nel luglio del 2020 Papa Francesco dichiara “venerabile” padre Eusebio Francisco Kino.

La sua figura, l’eredità che ci ha lasciato con una vita dedicata all’aiuto dell’altro, è sempre più testimonianza di Pace, di unione tra le genti, di aiuto reciproco con la costruzione di ponti che uniscono e condividono difficoltà e opportunità. La riconoscenza delle popolazioni che padre Kino ha incontrato più di trecento anni fa è sempre più viva e testimoniata anche nelle più varie forme artistiche: scritti, dipinti, murales, sculture, festival e filmati, fino a giungere anche alla nostra terra, la sua terra natale, contagiandola e dando impulso alle nostre attività.

Monumento a padre Kino a Segno, in provincia di Trento

«Il Natale di padre Kino», Luigi Ballarin

«Apache col calumet», Luigi Ballarin

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