LA MOSTRA «HUMAN RIGHTS?»

 

Perché il lavoro? Cosa lo rende unico tra le attività umane? La Repubblica nella quale viviamo, per esempio, l’ha ritenuto un valore fondante. Un diritto inviolabile e uno status attraverso il quale si realizza la partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Una specie di passaporto per la cittadinanza. Sarà anche per questo che le Nazioni Unite l’hanno inserito nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Non sono tanti gli obiettivi indicati dal Palazzo di Vetro, diciassette per essere precisi: l’ottavo è il lavoro, ma non un lavoro qualsiasi, uno dignitoso.

Quest’anno la Fondazione Campana dei Caduti ha deciso di dedicare a questo tema la mostra annuale «Human Rights?». L’edizione è la quindicesima, e per dodici volte si è svolta al Colle. Il direttore artistico Roberto Ronca, che ha presenziato il 5 giugno scorso all’inaugurazione assieme al Vicereggente Lorenzo Saiani e al presidente dell’Apt, Giulio Prosser, ha selezionato artisti provenienti da tutto il mondo, così da poter godere di molti punti di vista diversi, anche direttamente legati a culture lontane dalla nostra. Fino al 5 ottobre si potranno ammirare 141 opere arrivate da 29 Paesi. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito internet e sui social network della Fondazione e dell’Associazione internazionale arti plastiche Italia (Aiapi) che collabora all’evento.

Non è una novità che l’arte rifletta sul tema e nemmeno che il lavoro scarseggi, sia troppo pesante, malpagato o poco sicuro. Le tessitrici ottocentesche di Telemaco Signorini probabilmente non tornavano a casa dopo otto ore, e nemmeno Le spigolatrici di Jean-François Millet, con la schiena china a simboleggiare la fatica della vita nei campi. E i due contadini de La Siesta di Vincent Van Gogh staranno pure dormendo tra il giallo accecante del grano, ma prima che fatica avranno fatto? Gli artisti si sono sempre interrogati sul senso e sul significato del lavoro, l’hanno rappresentato, idealizzato, denunciato, l’hanno illustrato come i cronisti, studiato come gli economisti, analizzato come i filosofi. Ma non si può smettere di farlo, perché in ogni epoca le cose cambiano, e soprattutto perché ognuno di noi ha diritto a un valore aggiunto, a qualcosa che solo la bellezza ci può dare: la possibilità di capire le cose non solo con la mente, ma anche con la pancia. E qualche volta dobbiamo essere pronti a incassare un pugno alla bocca dello stomaco.

Luna Miscuglio, «Riquadri»

Nicla Ferrari, «Work»

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