PER CHI SUONA LA CAMPANA - P6

 

«Bravo, don Rossaro. Oggi è la sua festa e ben meritata». Il vescovo Endrici aveva ragione, don Rossaro la festa se l’era meritata, ma non si era vestito elegante. La veste talare che indossava secondo lui era troppo modesta e per questo decise di non partecipare al pranzo ufficiale.

In realtà, già nella mattinata, alla stazione ferroviaria, quando si era trattato di accogliere la regina e le altre autorità, si era messo in disparte e aveva lasciato la prima fila ai rappresentanti delle istituzioni locali. Il giorno però era importante: 24 maggio 1925, dieci anni esatti dall’ingresso dell’Italia in guerra, quella Grande, che non aveva ancora bisogno di un numero di riconoscimento. Era il giorno del battesimo.

Per tutta la notte precedente migliaia di roveretani avevano fatto la fila al Convento di San Rocco per vedere la meraviglia arrivata dalla Fonderia Colbacchini. Al mattino una volta legate le sei coppie di cavalli alla carrozza che doveva trascinare il rimorchio tutto era pronto. Fu così che la Campana fece il suo ingresso al centro di Rovereto.

A piazza Rosmini le autorità attendevano. All’ingresso della piazza la regina Margherita era pronta per tagliare il nastro, ma a farla da protagonista era la folla, enorme e partecipe. Il grande mutilato Carlo Delcroix tenne il discorso ufficiale e poco dopo mezzogiorno tutti si diressero verso la Chiesa di San Marco, dove don Rossaro celebrò la Messa solenne. Seguì il pranzo senza don Rossaro e arrivò finalmente il momento che tutti attendevano. Al Castello, la regina inaugurò la sala della Campana dei caduti dedicata alla memoria di Carla Della Beffa. Subito dopo in piazza Rosmini il vescovo versò l’acqua del Leno, del Piave e del Tevere sopra la Campana, secondo il rito sacramentale del battesimo. Fu scelto il nome «Maria Dolens», in onore della Madonna che rappresenta tutte le madri addolorate per la morte dei propri figli.

Il vescovo lesse la bolla con la quale il Papa Pio XI concedeva l’indulgenza di 500 giorni a coloro che, al suono della Maria Dolens, avessero recitato una preghiera di suffragio per i caduti. Dopo l’esecuzione dell’inno ufficiale della Campana, fu chi aveva guidato il lavoro nella fonderia a impugnare il pesante battaglio e a farlo oscillare contro il bronzo. Sette colpi e la Campana era già un simbolo universale, pensato per rinnovare ogni giorno la memoria di tutti i caduti, tutti, e per suscitare sentimenti di fratellanza. Ma districarsi tra la retorica nazionalista e l’aspirazione alla Pace non era facile in un clima politico mutato con l’ascesa del fascismo al potere.

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