UN LIBRO SULLE RAGIONI STORICHE DEL CONFLITTO IN UCRAINA

 

Se il linguaggio è lo strumento del pensiero, diventa necessario comprendere il significato delle parole per capire cosa ci gira intorno. Tanto più quando le cose si fanno complesse e tragiche come nel caso del conflitto in Ucraina. Ci può aiutare a dipanare l’intricata matassa Carico 200, un libro scritto da Sergio Giangregorio e Mario Neri che sottolinea come l’invasione russa ci abbia catapultato in un «magmatico campo di battaglia dove disinformazione e controinformazione si mescolano con la verità dei crimini di guerra, ai margini dell’incredibile e dell’impossibile».

Il pericolo, aggiungono gli autori, «è abituarsi alla tragedia che oggi si vive in Ucraina e domani potrebbe essere ancora più vicina, un’ipotesi che fa mancare il fiato, ma che apre una finestra su uno scenario che potrebbe essere il nostro futuro o forse il nostro presente». Riportiamo alcuni stralci dal volume che inquadrano da prospettive originali il conflitto in corso, con approfondimenti che fanno ricorso alla storia per illuminare frammenti di attualità.

 

IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE

La parola Ucraina significa terra di confine, per l’etimologia del nome è terra di frontiera fra la Russia e l’Europa, caratterizzata da una forte pressione geopolitica.

Per provare a capire perché oggi si combatte è necessario guardare indietro e cogliere i fatti nella loro profondità storica, nelle principali caratteristiche politiche, economiche, culturali e sociali di questa nazione mix di popoli diversi e di diverse culture.

I territori dell’attuale Ucraina sono stati per secoli oggetto delle mire espansionistiche dei Paesi confinanti che hanno spesso modificato gli usi, i costumi e la vita delle popolazioni autoctone, imponendo politiche repressive.

Queste continue contaminazioni etniche hanno reso difficile comprendere cosa sia autenticamente ucraino e cosa differenzi in modo netto gli ucraini dai vicini polacchi, rumeni e russi; la stessa Kiev viene considerata la madre di tutte le città della Russia e luogo di origine della civiltà.

Il pensiero nazionalista ucraino è nato precedentemente allo Stato-nazione, alla letteratura che rivendicava l’autonomia ucraina è, però, sempre mancato il collegamento con una forza in grado di rendere reale l’autonomia culturale e in una parola di dare forma a una nazione indipendente e autonoma.

La cultura ucraina ha assunto nel tempo una connotazione mitologica diventata poi riferimento per le correnti ideologiche in contrasto con il potere pervasivo e inglobante dell’impero zarista prima e successivamente dell’Unione sovietica, fino ad arrivare all’attuale Federazione russa.

Il mito ucraino, dopo la parentesi del cosaccato, che rivendicò l’indipendenza sia dalla Repubblica polacca e sia dalla Moscovia e che diede i natali a un’élite intellettuale destinata a diventare l’ossatura del nazionalismo ucraino, non riuscì tuttavia a unire le diverse realtà in un processo di formazione di una identità nazionale capace di lottare per il proprio Stato.

Nella storia della popolazione e del movimento indipendentista ucraino l’ideale identitario non si indirizzò mai nella rivendicazione di un territorio, di un confine stabilito sulla base di una precedente esperienza statuale; la lotta partì da una rivendicazione culturale volta alla ricerca di una propria identità separata e distinta da quella moscovita, ma pur sempre nell’alveo del mondo slavo.

L’Ucraina manca, quindi, di una memoria collettiva e unificante che come conseguenza ha portato la popolazione delle zone occidentali a sentirsi figlia della tradizione e della cultura europea, mentre nelle regioni orientali permane un forte senso di attaccamento alla Russia e a ciò che essa rappresenta.

Alla fine della seconda guerra mondiale Stalin operò numerosi interventi in Ucraina indirizzati al risanamento dell’economia, alla questione delle minoranze e alla gestione dei territori occidentali con l’obiettivo di implementare il settore industriale, rispetto a quello agricolo.

Il sistema sovietico cercò di amalgamare la popolazione ucraina sotto la governance comunista attuando una forte repressione nei confronti della Chiesa greco-cattolica, largamente diffusa nella zona occidentale.

Questa condizione contribuì a far vivere gli abitanti dei territori ucraini in due mondi separati, sviluppando caratteristiche politiche, storiche, culturali e socioeconomiche differenti.

In seguito ci furono ulteriori massicci investimenti russi che finanziarono lo sviluppo industriale in Ucraina, l’industrializzazione portò a importanti cambiamenti sociali senza riuscire, però a portare la popolazione dell’Ucraina occidentale verso l’adesione di massa al partito e all’ideologia sovietica.

 

CARICO 200

Carico 200 è un codice militare sovietico e post sovietico, veniva e viene utilizzato per indicare il trasporto dei corpi dei soldati morti.

Il numero 200 nei codici di trasporto militari indica, infatti, le salme dei caduti recuperate dal campo di battaglia che verranno poi rimpatriate.

Nel tempo, lessicalmente, “carico 200” è diventato il sinonimo per indicare la perdita di soldati durante un conflitto.

Il codice è stato utilizzato per la prima volta dai sovietici durante la guerra in Afghanistan e veniva stampato sulla livrea degli aerei Antonov AN-12 impiegati per il rimpatrio delle salme dei caduti, da quel momento la codificazione verrà utilizzata per ogni tipo di veicolo adibito alla specifica funzione.

Anche oggi in Ucraina i mezzi inviati al fronte per il recupero dei corpi dei soldati morti vengono chiamati “cargo 200” tradotto per noi “carico 200”.

Mentre gli ucraini hanno attivato un vero e proprio servizio per il recupero dei caduti con il successivo funerale religioso nel Paese di origine, lo Stato Maggiore russo ha deciso di non far rientrare i corpi dei militari morti, di non autorizzare alcun funerale, ma di procedere alla cremazione dei corpi in forni crematori mobili o da campo, motivando la decisione con la necessità di non creare un dissenso interno sulla guerra d’invasione in corso.

Carico 200 vuole, quindi, porre l’attenzione sullo scenario agghiacciante di questa guerra dove, mentre gli ucraini piangono i militari e i civili morti, ogni giorno, il Cremlino tenta di nascondere le perdite subite in combattimento temendo di avere critiche in patria.

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