La Campana dei Caduti venne solennemente inaugurata il 4 ottobre 1925 alla presenza del Re, Vittorio Emanuele III.
Nei giorni precedenti l’inaugurazione i preparativi si intensificarono e con essi anche le varie polemiche che si aggiunsero ai tanti problemi organizzativi da risolvere, e che don Rossaro annotava puntualmente nel suo diario:
«19 settembre: Ad ore 10, per la prima volta, si muove la Campana. Si ammira il perfetto funzionamento.

19 settembre: Ad ore 10, si muove la Campana.


21 settembre: il Prefetto Guadagnini mi notifica che il Re non verrebbe il 4 ottobre- e quindi chiede che venga trasportata la data .- Io osservo che tale data fu fissata da molto tempo – che da molto tempo il Re aderì ad essa – che tale data la fissai in onore di S. Francesco, il Santo della fratellanza universale -che preferisco rinunziare… piuttosto che trasportare questa data altamente significativa- Alcuni giorni appresso, il Prefetto annunzia che resta fissato il 4 ottobre. Ho poi saputo, in via riservata, che il Re rimase male: tenne la parola, perché “parola di re”. Ma intanto ebbi quanto era nel mio sogno: la data del 4 ottobre, e l’intervento di S.M. il Re. Sarei stato deciso di rinunziare a questo!!!

2 ottobre : Ho udito il primo rintocco. Erano le ore 18


2 ottobre : Ho udito il primo rintocco. Erano le ore 18. Ritornavo da Trento con la Contessa Cattaneo [Madrina della Campana] . Appena fuori dalla Stazione ho sentito il “primo rintocco “ della Campana! Gioia? Delusione? Commozione? Strazio? Non so. [Don Rossaro è certamente molto teso e provato] .

3 ottobre: In Castello fervono i lavori… La città è animatissima. Il tempo è buono.

La sera precedente all’ arrivo del Re vi fu un’illuminazione straordinaria del castello, della torre civica, di piazza e corso Rosmini, e per l’occasione vennero nuovamente esposte sul palazzo della Cassa di Risparmio le artistiche lampade disegnate dal pittore futurista Fortunato Depero per il battesimo della Campana (24 maggio), e che ancora ai nostri giorni spesso vengono poste sui balconi dell’istituzione in particolari occasioni. Il giorno successivo il Re fu accolto alla stazione dei treni dalle autorità locali e nazionali, fra le quali l’on. Celesia di Vegliasco sottosegretario di Stato per le Comunicazioni, inviato a rappresentare il Governo. In Municipio il Re ricevette il saluto ufficiale della città da parte del commissario prefettizio Defrancesco e quindi assistette dal balcone di palazzo Podestà all’imponente sfilata del corteo delle associazioni dei reduci, combattenti e mutilati giunti da ogni parte d’Italia, che fu aperto dalle rappresentanze dell’ esercito e della milizia nazionale.

Successivamente il Re si portò sul bastione Malipiero del castello per assistere alla cerimonia dell’inaugurazione della Campana e per ascoltare i primi rintocchi. Fra le autorità erano presenti, oltre a tutte le madrine e a numerosi generali, anche molte rappresentanze estere, quali i Consoli d’Inghilterra, degli Stati Uniti, di Cecoslovacchia, di Francia, del Belgio. Il sovrano assistette alla S. Messa, officiata dal principe Vescovo di Trento, mons. Celestino Endrici, quindi, dopo i discorsi di don Rossaro e dell’on. Celesia, pose la propria firma a chiusura di una copia dell’Albo d’oro della Campana, riportante i nomi dei 12.000 offerenti che contribuirono alla fusione del grande bronzo, con una raccolta di circa 300.000 Lire. Tale copia venne collocata in un apposito spazio nel luogo dove il principe Umberto, il 24 marzo dell’anno precedente, pose la prima pietra del supporto della Campana.

Il momento più atteso, più solenne, quello dei primi rintocchi, venne descritto efficacemente da don Rossaro nel diario: «Al primo tocco [della Campana] il re si irrigidì sul saluto. Poi mi guardò. Il generale Pecori Giraldi mi accostò amorevolmente verso il Re nonostante la mia resistenza. Il Re disse: “Bene- bene, reverendo. E’ veramente un bel monumento”, e volgendosi al Ministro Celesia “bisogna faralo Commendatore”. – Francamente, non pensavo a tali cose, e feci cenno di ringraziamento. – Ben ad altro pensavo! Francamente il suono non era buono, ad ogni rintocco passava il mio cuore, come una lama avvelenata. Non una gioia nella vita, mi fu risparmiata dal veleno. Anche questa doveva essere avvelenata, e sereno, ma turbato, abbattuto ma forte, mentre tutti applaudirono pensavo: “la rifonderò!”… La Campana suonava male: sembrava ferro. Ad un certo punto il generale Pecori Giraldi (era un po’ sordo), che si trovava alla destra del re, disse un po’ forte “questa Campana è rauca”. Io era alla sinistra del re, il quale, forse per confondere l’inopportuna osservazione, fece uno scatto, come per indicare uno dei colombi, che vagolava [sic] stranamente sperduto nel vuoto, ma io che compresi l’atto, dissi recisamente , quasi in risposta alla nota del generale, “Maestà, la Campana verrà rifusa”; “Tanto coraggio?” rispose . “Maestà” – risposi “vi auguro presente… alla nuova”. “Auguro [rispose il Re] e sorrise! ». Al suono della Campana, che sebbene riuscitissima dal punto di vista estetico aveva un timbro di “voce” alquanto infelice, furono liberati centinaia di colombi che si dispersero in cielo contemporaneamente ai colpi di cannone a salve ai quali si associarono tutte le campane d’Italia, precedute da quella del campidoglio. Venne quindi intonato dalla musica cittadina l’inno ufficiale della Campana mentre in cielo aeroplani volteggiavano sopra il castello fra il rumore delle artiglierie. Don Rossaro commentò ulteriormente la cerimonia, aggiungendo nei suoi appunti un giudizio critico verso il re:

“Una nota stridente! – Sul bastione, alla presenza del re e di tutte le autorità e le Madrine della Campana dei Caduti, il Vescovo celebrò la S. Messa, proprio ai piedi di Maria Dolens.

Il re durante la Messa tenne un contegno ineducato, deplorato da tutti: egli non fece che chiacchierare e importunare le persone vicine, che al cospetto della folla, si trovavano visibilmente a disagio… Egli osservava le montagne dal Biaena, al Baldo, alla Zugna, e chiedeva notizie dei fatti bellici che vi si svolsero. Il Vescovo era irritatissimo”.

Conclusa la cerimonia in castello, il re visitò il Museo e quindi si recò a rendere omaggio alle tombe dei caduti al cimitero di Castel Dante. Poi ritornò in città per ripartire da Rovereto con il treno speciale che lo attendeva in stazione. La festa per la Campana proseguì nel pomeriggio con una rappresentazione al Teatro comunale, alla presenza del sottosegretario Celesia e di altre autorità , durante la quale furono eseguiti anche l’Inno della Campana e la Canzone dei Caduti composta da Riccardo Zandonai. A sera lo spettacolo pirotecnico ed una fiaccolata accompagnarono il primo suono serale “dell’ ora di notte”, secondo quanto stabilito dallo Statuto della Campana.

Neppure in questa circostanza don Rossaro volle partecipare al banchetto ufficiale: “Non vado al banchetto ufficiale. Preferisco rimaner a casa, coronato dai miei familiari “ – scrisse nella cronaca del diario di questo memorabile giorno. E, allo stesso modo, il suo carattere schivo lo fece opporre anche alla posa di una lapide in suo onore sulla facciata della sala Campana, quale ringraziamento delle madrine d’Italia

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