Sabato 30 ottobre 1965 Maria Dolens giunse in piazza S. Pietro, grandiosa, lucida, solenne, e risplendente al sole autunnale di Roma.
Fu sistemata su di un carrello appositamente allestito, posizionata tra l’obelisco ed una delle due fontane del Bernini. Per tutta la giornata fu meta di migliaia di visitatori che transitavano nella piazza. Inoltre , in quei giorni erano presenti a Roma anche i vescovi di tutte le nazioni riuniti per la sessione conclusiva del Concilio Vaticano II., i quali poterono così ammirare la Campana in tutto il suo splendore. Omaggio più bello e corale non avrebbe potuto avere. Il S. Padre, Paolo VI, ricevette alle ore 20 del sabato sera, in un orario particolarmente insolito per le udienze private ma dovuto ai numerosi impegni imposti dai lavori del Concilio, i componenti della Reggenza dell’Opera Campana dei Caduti, accompagnati dall’arcivescovo di Trento, mons.
Alessandro Maria Gottardi. All’udienza erano inoltre presenti, il ministro roveretano Giovanni Spagnolli, in rappresentanza del Governo italiano, il sindaco di Rovereto, cav. Guido Benedetti, il fonditore ing. Paolo Capanni, i governatori dei Lions Club, ed altre autorità. Il Papa, nel suo discorso di augurio, sottolineò come la Campana, nata per ricordare i caduti in guerra, avesse dovuta essere fusa ben tre volte per divenire un segno di pace e proseguì poi dicendo che: “la pace fra gli uomini è sovente fragile e precaria; non basta fare la pace una volta, bisogna farla due o tre volte, se occorre; cioè dobbiamo generare la pace come virtù che si afferma e si rinnova con volontaria coscienza, piuttosto che pensarla di goderla come bene permanente che da sé si conserva”… Il giorno seguente, festa di Cristo Re, i roveretani giunti a Roma con un treno speciale, attendevano a mezzogiorno, in una piazza S. Pietro gremita da migliaia di persone, la recita dell’Angelus e la benedizione del S. Padre rivolta in modo speciale a “Maria Dolens”.
Paolo VI affacciandosi alla finestra del suo studio, vedeva davvero piccolo quel grande bronzo ed evidenziando nel suo discorso come la Campana dei morti fosse in realtà la Campana dei vivi, invitò a pregare:
“affinché la guerra abbia a cessare nel mondo e la pace possa regnare fra tutti i popoli…..”.
Fu questo un grande avvenimento nella storia del sacro bronzo. Anche l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, inviò un messaggio nel quale formulava l’”augurio che il serale rintocco del sacro Bronzo ed il ricordo delle drammatiche vicende belliche cui il benemerito ideatore don Antonio Rossaro trasse ispirazione siano per tutti richiamo ammonitore alla pacifica e concorde fratellanza tra i popoli”.
La notizia della benedizione papale fu pubblicata su tutti i giornali nazionali e su molti internazionali con un risalto davvero inatteso. Di lì a tre giorni la Campana fece ritorno a Rovereto non senza aver compiuto una sorta di pellegrinaggio lungo la penisola, durante il quale migliaia di persone le resero omaggio.