Gli anni della guerra furono sicuramente quelli più difficili.
I lavori procedevano con estrema lentezza tra mille difficoltà dovute sia alla mancanza dei materiali, sia a problemi di ogni genere, non ultimi quelli di ordine finanziario. Inoltre, doveva essere realizzato un anello di cemento armato ai piedi del bastione Malipiero, sul quale far appoggiare la nuova struttura di sostegno della Campana, prevista in travature di ferro, e soprattutto questo lavoro si trascinò per anni sia per motivi di sicurezza, sia per mancanza di materiali che invece erano destinati alle necessità belliche. Ma don Rossaro non si perse mai d’animo ed iniziò una sorta di pellegrinaggio alla ricerca dei materiali necessari (ingenti quantità di cemento, ferro in tondini, sabbia, ecc.) proprio in momenti in cui risultava problematico anche reperire delle semplici viti o del gesso. Non bastassero questi problemi, gli fu persino suggerita la proposta, come già era avvenuto nel novembre del 1935, di donare il bronzo della Campana alla Patria, questo fatto è riportato nel diario alla data del 22 dicembre 1940: “Oggi ricevo dalla Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d’Arte di Venezia, reparto “requisizione campane”, una lettera del Soprintendente Dr. Gino Fogolari (oriundo roveretano...). Mi suggerisce di donare alla Patria l’alma Campana dei Caduti, sicuro che “quanti hanno contribuito alla fusione di quel bronzo….. applaudiranno al saper che ora quel bronzo giovò ancora ad aiutare a vincere” [!!!]. E’ un monito? …….. un memento……? Un lavoro di sondaggio e di preparazione? C’è chi teme. Veramente, giorni fa, due carabinieri vennero a chiedere dei dati intorno alla Campana dei Caduti. – Tutto si può attendere in questi momenti storici.
Prevarrà la violenza, ma il mio “sì” non lo si avrà mai. Non voglio, non posso, non devo!
Confido nella saggezza del governo che sarà – io credo – il primo ad opporsi.”
Ma già qualche mese dopo le cose si appianarono. A maggio del 1941, vi fu la visita ufficiale del prefetto Italo Foschi che diede modo a don Rossaro di perorare la sua causa alla massima autorità regionale. «Espongo [al prefetto] – ricorda nel suo diario – l’opportunità che la Campana dei Caduti sia pronta per la fine della guerra. Questa, nessuno può prevedere quando e come finirà. Viviamo in un buio pesto…… A quattr’occhi ognuno dice la propria idea: a sei occhi ognuno parla “ad usum delphini”. Il prefetto s’interessò molto alla Campana: promise il suo pieno appoggio. Tra breve andrà dal Duce e vi presenterà la mia preghiera ed il mio progetto.» E si era a fine settembre quando, grazie all’interessamento del prefetto Foschi, don Rossaro la spuntò, anche questa volta. Infatti, anziché divenire “bronzo per la patria”, come qualche menagramo aveva suggerito, la Campana ricevette aiuto proprio dalla massima autorità del governo. “Questa sera – scrive nel suo diario – il Podestà mi comunicò che S.E. il prefetto Italo Foschi, gli ha ufficialmente notificato che il Duce ha disposto Lire 100.000 per la Campana dei Caduti. Deo Gratias!” Il fatto, una volta risaputo, suscitò anche qualche polemica. «Un’eccellenza roveretana – scrive ancora – lamentò, parlando col prefetto, che il Duce abbia dato tale somma alla Campana dei Caduti:
“Era meglio darla in santa legna per i poveri”
Il prefetto rispose seccamente: “Eccellenza, il Duce volle così, e stop!”.» Ma si era in tempo di guerra, con tutte le difficoltà connesse. I soldi dunque erano una cosa, e la possibilità di reperimento di materiali per costruzioni, un’altra. Soprattutto la disponibilità di metallo (e per la costruzione del castelletto ne serviva molto) era contingentata e regolata dal governo, proprio per favorire l’industria bellica. E dunque don Rossaro dovette nuovamente chiedere aiuto alle autorità. Questa volta fu lo stesso podestà di Rovereto che il 25 febbraio 1942 partì alla volta di Roma, tornando però a mani vuote. «Ho deciso di partire io – scrive don Rossaro all’inizio di marzo - …….. Fui ammesso all’udienza di S.E. Gorla, Ministro dei Lavori Pubblici. Esposi la situazione della Campana dei Caduti…… Presa la parola lui, disse di essere strettamente legato [alla Campana] fin dalla prima volta che la sentì per radio…Soggiunse che il momento per le assegnazioni di ferro è grave: il quantitativo era considerevole, ma le alte finalità della Campana vanno sopra a tutto, e che senz’altro decreterà l’assegnazione del metallo occorrente». Ma i problemi, erano solo apparentemente risolti. In realtà, se per il grosso degli approvvigionamenti era stato provveduto in sede romana grazie all’intervento del prefetto Foschi, prima, e dello stesso don Rossaro, poi, vi era tutta una serie di minute necessità che sembravano irrisolvibili e che, di fatto, bloccavano i lavori. Il diario di don Rossaro è, a questo proposito, illuminante su questi giorni pieni di entusiasmi e scoramenti: «27 maggio: Dopo lunga attesa, varie sollecitatorie, dalla Ditta Fratelli Bruzzo-Ferriera di Bolzaneto-Genova, giunse il metallo ordinato e precisamente: 17 lamiere acciaio…. 14 luglio: Sono preoccupato per il cemento. Occorrono q.li 150. Si prospettano gravi difficoltà. Bisognerebbe ricorrere alla “borsa nera”, ma in tal caso costerebbe molto, e non sarebbe escluso qualche pericolo. 15 luglio: Si presenta la necessità di circa 15 q.li di ferro: tondini per l’anello di cemento armato. Un noioso imprevisto … Enormi difficoltà di trovalo sul mercato. Anche qui si affaccia la “borsa nera”. 17 agosto: Conferenza col Sig. Fai, impresario. Difficoltà di materiali per l’anello… 19 agosto: faccio un po’ di esami di coscienza… Cioè do uno sguardo alla posizione economica [dell’opera Campana]. Consistenza Lire 162.000: Preventivo .159.500: rimangono 2.500. Non son previsti: il trasporto del materiale, certe modifiche…i cuscinetti…l’apparecchio elettrico, ecc. ecc. Nervi a posto e fiducia nella provvidenza. 20 agosto: chiamo il Sig. imprensario Fait e gli comunico che per ora sospendo la costruzione dell’anello. Procedere con passo sicuro e misurato di Alpin! 2 settembre il castello –supporto! Il lavoro nell’officina Bin,i è stato sospeso perchè all’ultimo momento son venuti a mancare: “m. 14 ferro a “U” da mm 200.
” Ho telefonato a destra e sinistra per veder di avere tale quantitativo: impossibile!
Oggi ebbi lettera da Bologna… Che non può dare il cemento richiesto. Grane! 12 settembre: Oggi sono iniziati i lavori sull’anello. 22 novembre: Non è ancora giunto il ferro – i tondini – il cemento.
Data l’inclemenza del tempo è bene sospendere i lavori in castello e tramandare il proseguimento e il completamento a fine febbraio…» Finalmente, a dicembre giunsero buone notizie. Il Ministero della Fabbricazione di Guerra, aveva concesso 24 q.li di lamine, 20 q.li di tondini e infine 200 q.li di cemento. La gioia fu però di breve durata perchè prima di entrare in possesso delle forniture accordate si dovette attendere ancora del tempo, e cioè la fine del febbraio 1943: “Da qualche giorno è giunto il materiale ferroso – scrive don Rossaro, e quindi commenta: 1° marzo. Son torturato dalla burocrazia che boicotta tutto! Finalmente il cemento c’è!… ma non è a Ceola di Riva… La direzione della Ferrovia non si decide mai ad effettuare il trasporto. Intanto passa il tempo, e a questi chiari di luna non si sa mai!… 15 marzo: E’ giunta notizia che il cemento (q.li 150) è a mia disposizione a Ceola di Riva – Si insiste che lo ritiri con sollecitudine pena il pericolo che scada il diritto di prelevamento. 16 marzo: la Ferrovia Riva-Rovereto, dichiara di non aver materiali di trasporto prima di un mese. Da Ceola si rinnova il pericolo. Una ditta si offre per il trasporto, pel compenso di Lire 4.000!!!.“
Insomma, come si può capire, don Rossaro in quel periodo dovette penare come non mai per riuscire a riportare al suo posto la sua creatura. Complice la guerra, seppur ancora lontana, sembrava che le difficoltà non finissero mai. E mentre don Rossaro era affaccendato alla ricerca dei mezzi, si era a fine ottobre del 1942 quando la ditta Bini di Rovereto, una volta ottenuto il materiale, completò il lavoro di costruzione del “castelletto” in ferro della Campana. La pesante travatura, in attesa della realizzazione dell’anello, venne collocata su quattro basamenti in cemento armato realizzati sul torrione Malipiero e fu quindi visibile dalla città. Era il primo segno del “futuro”, definitivo, ritorno della Campana.
Nel frattempo, nella seduta della Reggenza del 29 gennaio 1943, si era deciso che la Campana dei Caduti, pur rimanendo “monumento ricordo” dei Caduti della prima guerra mondiale, avrebbe esteso la sua missione anche ai Caduti di tutte le guerre con la nuova denominazione di: “Campana dei Caduti in guerra”. Venne così modificato l’articolo 1 della “Magna Charta” che successivamente (nella seduta del 27 ottobre 1943) avrebbe esteso tale disposizione anche ai Caduti civili. L’anello intanto non procedeva per mancanza di materiali che, sebbene ora disponibili dovevano essere fatti pervenire in qualche modo al castello unitamente a vari quintali di ghiaia del Leno, per fare il cemento. Ma data la mancanza di mano d’opera ad un certo punto don Rossaro decise di chiedere l’aiuto dell’esercito (come aveva fatto per la rimozione della Campana, nel 1938), e così ai primi d’aprile si recò al Comando del 4° Corpo d’Armata di Bolzano dove ottenne la disponibilità di un certo numero di soldati del genio per il trasporto dei materiali (che venne effettuato già a maggio). Si giunse così al fatidico 28 luglio 1943: «La Ditta Bini solleva la croce sulla cima del castello in ferro. Il suo sollevamento coincide fatalmente coi disastri delle nostre care città, divenute monti di macerie e lugubri cimiteri di morte…Come e quando vive questa tribolata Campana le sorti dell’umanità, nella tragedia di questa guerra! Dies irae! Ore 23.15. Sono nella mia “officina”, intento al mio “Dizionario Biografico”. Intorno tenebre e profondo silenzio. Ad un tratto sento le ultime parole di una vicina radio: “…Mussolini ha dato le dimissioni… Il Re ha consegnato il Governo d’Italia a Badoglio…”. Ecco crollata un’epopea! Epopea di gloria o d’infamia? Ai posteri l’ardua sentenza…! – Nel silenzio della notte riecheggia qualche lontano grido: “Mussolini è caduto!….E’ morto il fascismo!... Viva l’Italia libera!” – Non so se è sogno o realtà! – Questa notte non dormii …». Ma i colpi di scena non erano conclusi, perchè dopo quel 28 luglio giunse anche il famoso 8 settembre 1943, con tutto quello che ne conseguì “ 9 settembre: Ore 3 del mattino – annota don Rossaro – Un grande bombardamento sveglia la cittadinanza terrorizzata. Sono i tedeschi che assaltano le caserme. Queste cedono. Tutto è crollato: anche l’onore! – Il Tedesco ha preso il sopravvento e tiene già il comando della città. – I miei alpini e i miei bersaglieri sono prigionieri al Campo sportivo… – 10 settembre: Il lavoro del trasporto della ghiaia dal Leno al castello resta così troncato.
La situazione è tragica. O la Campana va su adesso, o dopo la guerra, e chissà quando e come!”
Dopo l’8 settembre del 1943, con l’occupazione tedesca, la situazione si fece più difficile ed i lavori per l’anello subirono continue battute d’arresto. Un giorno mancavano i muli per il trasporto della ghiaia, un altro c’erano i muli ma mancava la carretta, un altro ancora i soldati (questa volta concessi dal comando tedesco) non erano disponibili e così via. Comunque, pur tra varie difficoltà l’anello venne completato alla fine del dicembre 1943.
A questo punto, l’ultimo lavoro era quello di “muovere” la Campana dalla sua collocazione “provvisoria” sulle mura presso lo sperone d’Alviano (dove era rimasta sin dal 13 agosto 1940) verso il torrione Malipiero e quindi sollevarla e sospenderla al suo castelletto in ferro. Don Rossaro, non riuscendo a trovare nessuno, tra i civili, in grado di eseguire i lavori, verso la fine del gennaio 1944 chiese aiuto al capitano Kaspar dell’esercito tedesco che comandava la “piazza di Rovereto”, che si interessò vivamente alla Campana e promise di esporre il caso al Comando.