Fu ancora compito dello scultore Stefano Zuech rivedere il bassorilievo della nuova Campana che, comportando un maggior peso di circa 50 quintali rispetto alla precedente, necessitava di alcune modifiche per coprire un metro e mezzo di superficie in più del manto. Perciò, nella parte superiore, entro un anello, venne ripresa la scritta latina: “Dormite in umbra noctis, laetamini in lumine Christi, dum aere jungo populos, et vestras laudes celebro”, sotto la quale il manto della Campana fu suddiviso in tre fasce destinate a celebrare gli eroi del cielo, della terra e del mare.
Nella parte superiore fu collocato il “firmamento”
adorno di stelle grandi e piccole, a simboleggiare le madrine della Campana.
In esso erano disposte le costellazioni della guerra e della pace, disegnate dall’arch. Tiella. Ovvero, da una parte le stelle come apparivano all’alba del 28 luglio 1914, quando scoppiò la grande guerra, e cioè: Orione, Toro, Mercurio, Auriga e Gemelli. Dalla parte opposta come invece si trovavano al tramonto dell’11 novembre 1918, allorché la guerra si concluse, e cioè: Ofiuco, Ercole, Corona, Boote e Orsa Maggiore. La corretta disposizione delle costellazioni fu fornita da uno studio compiuto dall’arcivescovo di Pisa, il cardinale Pietro Maffi, il quale oltre a letterato e filosofo era pure un insigne astronomo.
Nella parte centrale della Campana, volgente lo sguardo verso l’umanità, campeggiava l”Ecce Homo”, in una doppia corona: di spine (simbolo della sofferenza terrena) e di raggi luminosi (simbolo invece della gloria celeste). In corrispondenza, dalla parte opposta, stava il volto della Madonna Addolorata, la “Mater Dolens”, dal quale traspariva comunque un’infinita dolcezza.
Successivamente (nell’autunno del 1950) sotto il volto del Redentore venne inciso l’accorato monito lanciato da papa Pio XII nel disperato tentativo di impedire il secondo conflitto mondiale: “Nulla è perduto con la Pace. Tutto può essere perduto con la Guerra”.