La sua intenzione era di celebrare la libertà, non la gioia. Dell'ode di Schiller la frase che voleva usare era «i mendicanti saranno fratelli dei principi», che poi fu ridimensionata nella più generica «tutti gli uomini saranno fratelli». Era quasi sordo, ma sentiva il peso della restaurazione in corso, decise di non rischiare. Il 7 maggio del 1824 salì sul podio al Teatro di Porta Carinzia a Vienna e per la prima volta, nel finale della sua Nona Sinfonia, esplose l'enunciazione di un messaggio di fratellanza universale. L'inno dell'Unione europea. Per Schiller, kantiano della prima ora, lo scopo dell'arte è quello di indirizzare l'umanità verso una nuova forma di armonia. Beethoven risolve il problema con slancio illuminista e costruisce un percorso drammaturgico dalle tenebre alla luce, fondato su una sostanza etica, oltre che estetica. Non sembra lontano da quello che servirebbe in questo periodo. L'arte per la pace, la musica per la pace, un suono per la pace. Proprio oggi che non lo possiamo fare, l'eco del tempo rimanda da Vienna l'invito ad “abbracciare le moltitudini” e a “dare un bacio al mondo intero!”. Magari appena finisce la fase 2. Orecchie aperte alle 21.30.

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