INTERVISTA AL FILOSOFO E POLITICO MICHELE NICOLETTI SULL’ATTUALITÀ DELLA CAMPANA DEI CADUTI

 

Nel cuore delle tensioni che tornano a scuotere il mondo, Michele Nicoletti, professore universitario, già presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, riflette sul valore universale della Campana dei Caduti, simbolo di Pace, memoria e responsabilità. Come filosofo e politico, da anni indaga il nesso tra male, etica e convivenza democratica, osservando come la violenza riemerga sempre sotto forme antiche e nuove. Nel colloquio che ci ha concesso abbiamo analizzato il ruolo del dialogo tra culture, il peso delle religioni nei conflitti e nelle riconciliazioni, e la necessità di una politica capace di costruire una volontà condivisa. Per Nicoletti, la Campana non è un monumento statico, ma un invito a riconoscere la dignità umana come fondamento di ogni ordine giusto. Per questo gli abbiamo chiesto come, nel suo percorso di filosofo e docente abbia lavorato spesso sul rapporto tra politica, male e responsabilità etica.

«La presenza del male nella storia è un mistero ineliminabile. La vediamo ora di nuovo, tragicamente all’opera, nelle guerre e nelle stragi. Dopo anni in cui, specie nel nostro Paese, ci eravamo cullati nella speranza di una Pace definitiva, la guerra è tornata a farsi sentire. Nelle forme antiche delle invasioni militari dei territori altrui, ma anche in quelle, modernissime, delle guerre tecnologiche, ma non per questo meno devastanti. Speravamo che tutto questo male potesse essere almeno in parte temperato e contenuto dal diritto internazionale e in questa direzione dopo la seconda guerra mondiale sono stati fatti significativi passi in avanti. Ma ora ci troviamo di fronte a una tragica regressione: non solo combattimenti tra soldati ma stragi di civili, deportazioni di bambini, stupri di donne, perfino la fame usata come strumento di guerra. Il messaggio della Campana appare oggi più attuale che mai».

Maria Dolens nasce come monito contro la guerra e come invito al dialogo tra popoli. In che modo questa prospettiva risuona con la sua esperienza di ricerca nelle università e nel suo lavoro internazionale?

Non bisogna stancarsi di dialogare e di creare occasioni di dialogo tra i popoli. Non possiamo pensare che la Pace si fondi solo sull’equilibrio degli arsenali o sugli scambi economici che spesso nascondono forme di sfruttamento. È essenziale far crescere il dialogo culturale soprattutto tra le nuove generazioni. Gli incontri che la Campana promuove tra insegnanti e scuole di Paesi diversi in cui ragazze e ragazzi di culture differenti possono discutere e cercare di arrivare a prese di posizione comuni sul loro futuro e il futuro dell’umanità è un lavoro appassionante e fondamentale.

Lei ha approfondito a lungo la relazione tra religione e politica. Quanto questa relazione è utile per leggere il simbolismo della Campana, che parla a credenti e non credenti con un linguaggio etico prima che religioso?

Le religioni sono il luogo in cui spesso si sedimentano i significati ultimi dell’esistenza, le cose importanti della vita, per gli individui e per le comunità. In esse si cerca un rifugio quando la sofferenza della vita diventa insopportabile, il dolore inspiegabile, l’ingiustizia intollerabile. Ad esse si ricorre in cerca di un’ispirazione, quando la vita si fa piatta e si avverte il bisogno di trascendere l’orizzonte soffocante del presente e si invoca un tempo diverso. Con questo potenziale le religioni possono svolgere ruoli molto diversi nelle società umane. Talvolta radicalizzano i conflitti esasperando la “loro” risposta ai problemi della vita e condannando le altre. Talvolta sono capaci di straordinarie mitigazioni dei conflitti, moltiplicando i sentimenti di benevolenza, di amore e di solidarietà tra tutti gli esseri umani. Spesso sono sorgenti di creatività. Il simbolismo della Campana è tra i più forti. È stata forgiata con il bronzo delle armi per annunciare la Pace, a ricordare le parole del profeta «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Isaia 2, 3-4). Ed è simbolo della vita quotidiana, dello scandire del tempo, della morte ma anche della resurrezione. A ricordare che il senso dello scorrere del tempo sulla terra è questo: trasformare la morte in vita, la disperazione in speranza.

Il suo lavoro al Consiglio d’Europa l’ha portata a confrontarsi con conflitti, tensioni e fragilità democratiche. Come può un simbolo come la Campana contribuire alla costruzione di una cultura politica europea più consapevole?

Il simbolo della Campana non si erge solitario sul colle. È immerso in mezzo ad altri simboli. Le bandiere dei tanti Paesi che hanno accolto il suo messaggio e hanno voluto starle accanto. La Pace non si fa da sola, ma ha bisogno della presenza di soggetti che si mettano al suo servizio. Quando ero presidente della Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa non c’era la bandiera dell’Ucraina alla Campana e ho proposto subito all’ambasciatore ucraino in Italia di venire a Rovereto e issare la bandiera del suo Paese, tanto più che la comunità ucraina in Trentino era già assai viva. È stata una cerimonia molto significativa che ci ha consentito di esprimere la solidarietà a un Paese che già allora soffriva dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia. La presenza delle bandiere ci ricorda non solo che tutti i Paesi devono essere attori di Pace, ma devono anche rispettare la vita degli altri Paesi. Non c’è Pace senza giustizia, senza riconoscimento dell’esistenza dell’altro, dei suoi diritti, della sua dignità. La Pace non è solo assenza di conflitti, è «tranquillità dell’ordine» diceva Agostino, ossia dare a ciascuno il suo e ripudiare la violenza. Questo è ciò che l’Europa dovrebbe fare.

Lei ha unito pratica politica e riflessione teorica. Cosa possono luoghi simbolici come la Campana dei Caduti offrire al dibattito pubblico contemporaneo, spesso polarizzato?

La Campana è luogo di meditazione e di incontro. La sfera pubblica di oggi ha bisogno di meditazione e di incontro come del pane quotidiano. Il nostro sforzo collettivo – indipendentemente dal ruolo che ricopriamo nel mondo educativo come in quello politico – dovrebbe essere quello di moltiplicare i luoghi di meditazione e di incontro. Sappiamo bene che la sfera pubblica oggi è caratterizzata da dinamiche opposte, ossia il dire la prima cosa che passa per la mente e lo scontrarsi con l’altro, ma non serve a nulla limitarsi a condannare questi costumi. Occorre costruire alternative: non stancarsi di “ragionare” di politica e di cercare di capire le ragioni degli altri. Questo non significa affatto venir meno alle proprie idee, ma il compito della politica democratica non è imporre la “mia” volontà sulla “tua”, ma faticare per costruire una volontà “nostra”.

In un’epoca in cui i conflitti tornano al centro della scena internazionale, quali categorie filosofiche crede siano più utili per leggere il messaggio originario della Campana?

La categoria centrale non può che restare quella della dignità infinita di ogni persona umana. È la pietra angolare su cui è costruita la nostra convivenza democratica come si legge nella nostra Costituzione e la convivenza internazionale ed europea, come si legge nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, di cui quest’anno abbiamo festeggiato – anche alla Campana – i 75 anni. La Campana è stata inventata per protestare contro la carneficina della prima guerra mondiale quando gli Stati nazionali dell’Europa, patria dell’umanesimo e della dignità umana, hanno lasciato massacrare milioni di giovani per affermare ideali nazionalistici. Non sazi di questo, dopo pochi anni hanno moltiplicato le politiche disumane e ci hanno precipitato nei totalitarismi, nella Shoah e nella seconda guerra mondiale. Rispettare i diritti umani non vuol dire rispettare delle idee, ma rispettare le persone in carne ed ossa, ognuna delle quali ha una dignità infinita e merita una vita piena e libera.

Michele Nicoletti

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