DUE MOSTRE ALLA FONDAZIONE CAMPANA DEI CADUTI

 

Dal 22 novembre la Fondazione Campana dei Caduti accoglie il pubblico con due percorsi espositivi che intrecciano memoria, arte e impegno civile. Da un lato i Presepi Contro di Muky, dall’altro la mostra realizzata con il Circolo Culturale Numismatico Filatelico Roveretano, che per il Centenario della Campana propone una ricca selezione di editoria, medaglie e francobolli dedicati a Maria Dolens, tutti provenienti dalle collezioni dei Soci. Un doppio sguardo sul passato e sul presente, che racconta quanto la Campana continui a essere un luogo di riflessione attiva sul tema della Pace.

Il cuore dell’evento resta il legame ormai storico tra la Fondazione e Muky, artista che per decenni ha intrecciato la propria ricerca con la missione di Maria Dolens. È un rapporto profondo, fatto di fiducia e visioni condivise, che ha portato ogni anno — durante il periodo natalizio — a esporre i suoi presepi. Un appuntamento che non perde mai di intensità, perché i temi che attraversano il lavoro dell’artista restano drammaticamente attuali: i conflitti, da allora, non si sono fermati. Muky lo aveva compreso già dal primo presepe, dedicato alla Cambogia, e poi dai lavori successivi dedicati alle guerre che segnano la cronaca del mondo: Kuwait, Sud Marocco, Israele, Somalia, Bosnia, Sarajevo, Palestina, Medio Oriente, Europa dell’Est, Afghanistan. Un catalogo doloroso, un archivio di ferite.

Le sue sculture sembrano nascere direttamente dalla materia viva dei conflitti: non raccontano solo un luogo, ma l’umanità che lo abita, e soprattutto quella che lo perde. Per lei l’arte è un atto di resistenza etica. Non cerca l’estetica della tragedia, ma la responsabilità del ricordo. Ogni presepe diventa un gesto collettivo, una piccola ribellione alla violenza. In questo senso, il suo lavoro si intreccia con le parole di tanti poeti del Novecento che hanno cercato di dare un nome all’orrore della guerra. Giuseppe Ungaretti, nel pieno della Prima guerra mondiale, annotava: «Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie» (Soldati, 1918): poche sillabe che dicono la precarietà assoluta della vita in battaglia. È una fragilità che si ritrova nelle figure modellate da Muky, corpi esposti, vulnerabili, mai eroicizzati.

Il suo percorso incontra anche la memoria globale dell’11 settembre 2001. Quel giorno, che per molti segnò l’inizio di una nuova era di insicurezza, l’artista era a New York. La scena la investì con la forza di un trauma collettivo: la polvere, il caos, le sirene, le strade bloccate, le persone che correvano o restavano immobili. Fu un passaggio cruciale nella sua riflessione: cosa può fare un’artista quando la distruzione si presenta faccia a faccia? Muky decise di continuare. Continuare a modellare, a trasformare l’argilla come testimonianza.

Il suo compito, allora, diventa preservare nomi, volti, identità. Come gesto di denuncia della ripetizione eterna della violenza nella storia umana. I presepi di Muky ripropongono proprio questa continuità terribile: cambiano i territori, cambiano le divise, ma l’essenza dei conflitti resta la stessa.

Ed è per questo che la Fondazione Campana dei Caduti continua, anno dopo anno, a esporre le sue opere: perché parlano un linguaggio che non invecchia, purtroppo. Ricordano che la guerra non è un fatto lontano nel tempo, ma una ferita ancora aperta. Sul Colle di Miravalle le sculture fanno eco ai versi di Paul Éluard, che durante la seconda guerra mondiale sottolineava che se la voce della giustizia avesse orecchie, il mondo sarebbe salvo da molto tempo.

L’arte, allora, non porta salvezza, ma memoria. E la memoria, nel contesto di Maria Dolens, è una presa di posizione, un modo di ricordare che la Pace non è un concetto astratto, ma una scelta quotidiana e fragile. Muky insiste su questo, attraverso un gesto semplice e ostinato: continuare a modellare il dolore perché non scompaia, perché non diventi statistica.

Così, mentre la città si avvicina al Natale, i Presepi Contro ritornano sul colle di Miravalle come ogni anno. Restano attuali non per un destino dell’arte, ma per un destino del mondo. E ricordano che, finché esisteranno conflitti, ci sarà bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di guardarli e trasformarli in racconto. E forse è proprio questa pietà, fragile e tenace, che le opere di Muky continuano a suggerire, mentre nel vento della Campana dei Caduti risuona il richiamo a un’umanità che deve ancora imparare cosa significhi davvero la parola Pace.

Palestina Natale 1995-1996 – Processo di Pace

Somalia Il ricordo della guerra è guerra – 1993

2003-2004 – Irak L’oro nero corrode il sole

Europei dell’est

Iscriviti alla nostra newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione