STORIE DI TRENTINI NEL MONDO
MARCO CALLIARI MUSICISTA SENZA CONFINI
Abbiamo chiesto ad alcuni discendenti di trentini che sono emigrati nei decenni scorsi di raccontare le loro storie in prima persona, ponendo l’accento su quanto la loro origine li abbia indirizzati e influenzati nella vita. Questo non sarebbe stato possibile senza l’attiva e amichevole collaborazione dell’Associazione Trentini nel Mondo, nata nel 1957 con finalità di solidarietà sociale e come strumento di aggregazione e assistenza per i migranti trentini e per i loro discendenti. Il primo personaggio da scoprire è il musicista Marco Calliari.
Ho sempre voluto essere un musicista, un cantante. Fin da bambino ho avuto il desiderio di imparare a cantare e a suonare la chitarra e altri strumenti. E per fortuna, quella del cantautore è diventata la mia professione. Ma non è stato solo “per fortuna”. Se da tre decenni mi esibisco su un palco, lo devo alla mia famiglia, al luogo dove sono nato, agli amici che ho avuto e ad alcune doti personali: la passione per la bellezza, la curiosità per la diversità, la tenacia.
Mi chiamo Marco Calliari e sono nato il 27 agosto 1974, a Montreal nel Québec in Canada. Sono figlio di emigranti. I miei genitori, Franca Pagliarulo e Mario Calliari, sono tutti e due nati in Italia. La mamma a Milano, in una famiglia arrivata nel capoluogo lombardo da Foggia, in Puglia. Il mio babbo è nato a Cressino (o Crescino) una frazione di Campodenno, paese della Val di Non, in Trentino.
Sono arrivati a Montreal nello stesso anno: il 1961. La mamma, ultima di nove figli, era venuta perché erano morti entrambi i genitori, al seguito della sorella più anziana, la zia Ada. Il nonno paterno, Luigi, aveva già lavorato a Montreal negli anni ‘50, poi era tornato in Italia, per preparare il trasferimento di quasi tutta la famiglia in Canada.
Sono quindi nato in un ambiente italiano ma in un contesto francofono: nel Québec, su una popolazione di circa otto milioni di abitanti, il francese è la lingua madre di quasi l’80 per cento della popolazione. Sono “figlio” della cosiddetta “legge 101”, vale a dire della «Carta della lingua francese», che assicura protezione e promozione del francese nel Québec, prevede l’uso del francese a tutti i livelli della società, dai servizi pubblici alle imprese. Anche gli immigrati sono invitati ad iscrivere i loro figli nelle scuole francesi.
Sono quindi cresciuto imparando il francese e l’inglese (l’altra lingua ufficiale del Canada) ma anche l’italiano e parlo anche un po’ di spagnolo. E queste quattro lingue sono anche quelle con cui mi sono espresso nella musica.
A 14 anni con alcuni miei amici, Carlos, nato a Santiago del Cile, e i gemelli Daniel e Oscar, figli di spagnoli di Barcellona, e quindi catalani, abbiamo fondato il gruppo «Anonymus». Suonavamo musica heavy metal e i testi delle canzoni erano nelle quattro lingue citate prima.
Nel 1994 è uscito il nostro primo album che si intitolava Ni Vu, Ni Connu (Né visto, né conosciuto): è stato il primo album di musica heavy metal con canzoni in francese. Neanche in Francia esistevano gruppi di quel genere musicale. Ho suonato con loro per diciassette anni, prima di intraprendere la mia carriera da solista. Ma il nostro legame è ancora fortissimo e proprio in gennaio sono di nuovo salito su un palco con loro, in occasione di un grande concerto con il quale hanno celebrato i trentacinque anni di ininterrotta attività.
Una tappa importante nella mia crescita personale e professionale c’è stata nel 1994, quando ho avuto l’opportunità di prendere parte ai “soggiorni” in Trentino, che venivano organizzati dall’Ufficio emigrazione della Provincia Autonoma
Una tappa importante nella mia crescita personale e professionale c’è stata nel 1994, quando ho avuto l’opportunità di prendere parte ai “soggiorni” in Trentino, che venivano organizzati dall’Ufficio emigrazione della Provincia Autonoma di Trento, riservati a figli e discendenti di emigrati trentini in tutto il mondo, per far conoscere loro la storia, la cultura, l’economia, le tradizioni della terra dei loro avi. Ero stato in Trentino con i miei genitori quando avevo sei anni, ma quelle due settimane trascorse a Candriai, sul Bondone, la montagna di Trento, all’età di vent’anni mi hanno segnato nel profondo, mi hanno fatto capire che appartenevo a un mondo fatto di rapporti, affetti, legami tramandati di generazione in generazione.
Dopo il “soggiorno” a Candriai, durante il quale ho incontrato i parenti trentini, la mia permanenza in Italia si è prolungata per altre settimane, con tappe a Milano, Torino, Roma, con altri incontri con parenti e amici. E a Igea Marina, dove ero andato con i miei cugini di Torino, ho improvvisato un concerto in un albergo insieme a Franco, anche lui chitarrista, conosciuto in quei giorni. Come repertorio ho proposto canzoni della tradizione popolare del Québec. Franco suonava brani inglesi. Uno spettatore ci ha chiesto se sapevamo qualche canzone italiana. Ma nessuno dei due è stato in grado di soddisfare quella richiesta.
Ho portato a suonare nel Québec numerosi artisti italiani, perché credo nella capacità della musica di creare ponti fra le culture
Confesso che in quel momento mi sono vergognato di non conoscere alcuna canzone italiana. Tornato in Québec ho sentito l’esigenza di colmare quella lacuna. Ho cominciato ad ascoltare e a imparare canzoni napoletane, come quelle di Carosone, inni di lotta come Bella ciao, e tante altre espressioni musicali, come i canti di montagna. Nel 2004 ho così inciso Che la vita, il mio primo album con canzoni in italiano, la maggior parte composte da me, sia per la musica che per i testi. Avevo previsto che cinquanta copie sarebbero state sufficienti per regalarle a parenti e amici. E invece vendette venticinquemila copie. Un successo inatteso e insperato, che però mi fece capire che avevo imboccato la strada giusta, per esprimere le mie capacità artistiche. Da allora sono un musicista professionista.
Mio padre ha 82 anni, quando viene ad assistere ai miei concerti lo chiamo sul palco per cantare insieme La montanara
Ho pubblicato altri cinque dischi, ho fatto centinaia di concerti in Canada e oltreconfine, ho portato a suonare nel Québec numerosi artisti italiani, perché credo convintamente nel valore della musica e nella sua capacità di creare ponti fra le culture. Sono orgoglioso di far conoscere ai canadesi l’italianità attraverso la mia musica, nella quale ci sono tracce delle più belle tradizioni musicali italiane, dai cori alpini alla tarantella. E sono profondamente grato ai miei genitori, che mi hanno trasmesso l’amore e la passione per la musica, che da giovane mi hanno fatto studiare chitarra classica e canto, che hanno sempre creduto nelle mie capacità.
Mio padre ha 82 anni ed è rimasto vedovo da poco. Ha una gran bella voce. E quando viene ad assistere ai miei concerti, lo chiamo sempre sul palco per cantare insieme a me La montanara: e ogni volta è per tutti e due un’emozione fortissima.
Marco Calliari