ACCADE ALL’ONU
LA RUSSIA SOSPESA DAL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI

 

Il 7 aprile l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato con 93 voti a favore, 24 contrari e 58 astensioni la sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani, a causa «delle violazioni e degli abusi gravi e sistematici» commessi in Ucraina. Il vice ambasciatore russo all’Onu, Gennady Kuzmin, ha definito il voto «una iniziativa illegittima motivata politicamente». Illegittima, come critica, si comprende, ma da cosa dovrebbe essere motivata un’espulsione da un organismo del genere se non una decisione politica? Quello che ci si dovrebbe chiedere è cosa ci faceva da quasi due anni Mosca in un Consiglio per entrare nel quale bisogna avere dato un contributo alla promozione e alla tutela dei diritti umani.

Secondo i dati di Amnesty International nel 2021, quindi prima dell’attacco all’Ucraina, nel Paese di Putin i diritti alla libertà d’espressione, di associazione e riunione pacifica sono stati regolarmente violati. Le assemblee pubbliche organizzate dall’opposizione politica sono state quasi completamente proibite. Le leggi sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate” sono state ampiamente utilizzate per reprimere il dissenso. Minacce e aggressioni sono state rivolte contro giornalisti e attivisti. Tortura e maltrattamenti nei luoghi di detenzione sono rimasti endemici e sono stati rari i procedimenti giudiziari contro i responsabili. In Cecenia sono state segnalate sparizioni forzate. Le autorità non sono riuscite ad affrontare il problema della violenza domestica. Le persone Lgbt hanno continuato a subire discriminazioni e sono perdurate le deportazioni arbitrarie di rifugiati e richiedenti asilo.

Non serviva la guerra per espellere la Russia dal Comitato, ma soprattutto come si fa ad affidare a un Paese con questo curriculum un ruolo nel controllo della tutela del diritti umani nel mondo?

L’ultima volta che si è deliberata una sospensione del genere è stato nel 2011, quando il provvedimento fu preso nei confronti della Libia a causa delle violenze sui manifestanti da parte delle forze fedeli all’allora presidente Muammar Gheddafi. In effetti, all’Onu iniziative come quella del 7 aprile sono rare mentre, considerando i requisiti richiesti per poter essere membri del Consiglio, ci si aspetterebbe che vengano poste più spesso all’ordine del giorno dell’Assemblea generale.

Dell’organismo fanno ancora parte altri Paesi che non rispettano a pieno i principi che dovrebbero tutelare

La Russia non è la sola presenza nel Comitato difficile da spiegare. C’è da chiedersi come sia stata possibile ad esempio, l’elezione del Venezuela, che di certo non brilla per rispetto dei diritti umani. Gli stessi dubbi si potrebbero avanzare sulla Somalia, in guerra dal 1991, smembrata, in parte sotto il controllo del gruppo jihadista al Shabaab, o sul Sudan, dove la conflittualità etnica è altissima, i colpi di Stato di susseguono e le proteste popolari vengono represse. Si potrebbe andare avanti, ma la conclusione sarebbe sempre la stessa: è difficile denunciare violazioni dei diritti umani per un organismo che ha al suo interno Nazioni che non applicano a pieno li principi che dovrebbero difendere. Si capisce, quindi, perché la Russia non sia stata espulsa con voto unanime.

Forse sarebbe il momento di pretendere il rispetto dei diritti umani, anche in tempo di Pace, almeno dai Paesi chiamati a tutelarli.

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