ROTTA BALCANICA
CENTINAIA DI RICHIEDENTI ASILO BLOCCATI FRA BOSNIA ERZEGOVINA E CROAZIA

 

Lo spazio minimo per vivere sono tre metri quadrati a persona. Nelle carceri italiane è una norma. Nelle tende del campo profughi di Lipa, no. Vivere ammassati è la condizione “normale”. Nevica, le temperature sono scese sotto zero, ci si scalda con qualche stufetta elettrica o stando vicini. Mascherine poche. Il Covid non è il rischio principale. I giornali se ne occupano saltuariamente, la notizia è vecchia perché è da parecchio tempo che centinaia di richiedenti asilo sono bloccati in questo paesino della Bosnia Erzegovina, vicino al confine con la Croazia, che da quelle parti rappresenta la porta dell’Unione Europea. Alla fine di dicembre il campo è andato a fuoco e ora circa novecento persone vivono in sistemazioni di fortuna, altrettante si sono spostate in altre zone della regione, ma non hanno un alloggio migliore.

Il campo profughi di Lipa è stato distrutto da un incendio e i rifugiati vivono in tenda sotto la neve

Eppure la cosiddetta “rotta balcanica”, che dal 2015 è diventata la principale via di accesso dei profughi al vecchio continente, dovrebbe essere chiusa. Per poco più di un anno centinaia di migliaia di persone, prevalentemente provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan, sono arrivate in Europa attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e Austria. Dal marzo 2016, però, dopo l’accordo tra Unione Europea e Turchia, il confine è diventato un muro.

Il risultato non è stato quello di fermare i disperati che fuggono dalle guerre, ma quello di rendere il loro viaggio più pericoloso e più costoso. Non bastano i fili spinati per scoraggiare chi non può restare dov’è perché rischia la vita. Oggi circa 130.000 persone si trovano bloccate in campi profughi tra Grecia, Nord Macedonia, Albania, Serbia, Bosnia Erzegovina e Croazia. Spesso sono arrivati lì affidandosi ai trafficanti. L’unico modo che avevano.

L’Unione Europea stanzia fondi a scopo umanitario ma impedisce l’ingresso ai migranti

Quasi tutti vorrebbero chiedere asilo all’Ue, ma non possono perché vengono respinti dalla polizia di confine croata, qualche volta con metodi giudicati violenti da numerose organizzazioni non governative. La Bosnia Erzegovina, uno Stato in forte difficoltà economiche e attraversato da tensioni etniche, non sembra in grado di affrontare la crisi. Come sempre, poi, le difficoltà radicalizzano le posizioni e alcuni hanno cominciato a interpretare il flusso migratorio come un’«invasione musulmana». All’inizio di gennaio Bruxelles ha annunciato un nuovo stanziamento che si aggiunge a quelli precedenti e porta il totale, dal 2018, a 13,8 milioni di euro. I soldi però non bastano a risolvere la crisi, serve la politica.

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