DI CARLO TREZZA*

 

Nella sua prefazione a uno studio delle Nazioni Unite sull’educazione al disarmo del 2002 l’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan espresse la sua soddisfazione per il fatto che un’intera nuova generazione di giovani stesse maturando «senza il terrore sempre presente di una catastrofe nucleare». Aggiunse però che il rovescio della medaglia era l’ignoranza e che «compagno dell’ignoranza è l’autocompiacimento: ci interessa poco ciò di cui sappiamo poco». Questo fu scritto più di 20 anni fa. Lo stesso potrebbe dirsi oggi con l’aggravante che i rischi di uno scontro nucleare sono ora aumentati notevolmente. Non sto a dilungarmi sulle crisi e sulle guerre che si stanno svolgendo oggi, aggiungo soltanto che in ciascuna di esse sono coinvolti uno o più Paesi che posseggono l’arma nucleare.

La coscienza e conoscenza dei problemi è dunque indispensabile e deve partire dall’educazione. Tutti i segretari generali dell’Onu da Kofi Annan in poi si sono spesi attivamente affinché gli Stati dessero applicazione alla tabella di marcia stabilita dal citato studio dell’Onu sull’educazione al disarmo.

Da allora, ogni due anni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite vota una risoluzione in virtù della quale ogni Stato è chiamato a riferire su quanto ha compiuto nel campo dell’educazione al disarmo.

La ragione per la quale ho ritenuto di portare l’attenzione su questo tema nel contesto della Campana dei Caduti è che non molti sanno che uno degli eventi più interessanti e significativi dedicati all’educazione al disarmo avviene proprio nel Trentino a pochi chilometri da Rovereto. Si tratta del Corso invernale che Isodarco (International School on Disarmament and Research on Conflicts) svolge ogni anno ad Andalo. Isodarco è una Organizzazione non governativa italiana che, sino dalla sua fondazione nel 1966, quando la guerra fredda e gli arsenali nucleari erano al culmine, ha svolto un ruolo unico nella sensibilizzazione sui rischi di una guerra nucleare e di una corsa agli armamenti. Ha mantenuto tale impegno durante tutti gli anni della distensione Est-Ovest ed è più attivo che mai oggi che è in atto una nuova corsa agli armamenti.

Il mese scorso, prima che i grandi della terra atterrassero con i loro jet privati alla Conferenza di Davos, i partecipanti a Isodarco avevano già raggiunto in autobus o in treno la località sciistica trentina. L’idea di organizzare quella che, in un suo recente articolo, il quotidiano «Avvenire» definisce una «mini Davos del Disarmo», risale a una conversazione tra il Presidente e fondatore di Isodarco, il fisico Carlo Shaerf, ed Edoardo Amaldi, uno dei “ragazzi di via Panisperna”, discepolo di Enrico Fermi. L’incontro avvenne all’indomani della crisi nucleare di Cuba, quella che nel 1962 condusse l’umanità sull’orlo di una guerra nucleare.

Per sventare in futuro tale pericolo i due scienziati pensarono di organizzare corsi dedicati ai problemi scientifici della sicurezza internazionale e della corsa ad armamenti, al fine di costruire un mondo strategicamente stabile con una quantità più ridotta di armamenti.

A dirigere la scuola è ancora oggi il suo fondatore, mentre coordinano attualmente la parte accademica i professori Steven Miller e Francesca Giovannini del Belfer Center dell’Università di Harvard. I protagonisti di Isodarco, oltre ai suoi docenti, sono soprattutto gli studenti che saranno i leader di domani. Quest’anno i partecipanti, un centinaio, provenivano da tutte le parti del mondo: oltre a Europa e Stati Uniti erano rappresentati anche India, Pakistan, Iran, Cina e Corea. Il corso ha offerto un’occasione unica di condividere con i massimi esperti a livello mondiale una settimana di piena immersione nei complessi temi del disarmo nucleare e della sicurezza internazionale.

Le affinità tra Isodarco e la Campana dei Caduti di Rovereto non sono solo territoriali: ambedue le iniziative mirano a mantenere vivi il ricordo e la conoscenza delle sofferenze che provoca la guerra e vi è necessariamente complementarietà tra il mantenimento della memoria collettiva e la ricerca di un equilibrio - al ribasso anziché al rialzo - negli strumenti bellici che alimentano i conflitti.

Vi è poi il fatto simbolico che Maria Dolens venne realizzata nel 1924 col bronzo dei cannoni offerti dalle Nazioni che avevano partecipato al primo conflitto mondiale. L’eliminazione fisica degli armamenti costituisce la principale ragione d’essere delle attività di disarmo. Io stesso ho assistito e verificato personalmente la distruzione di carri armati, cannoni, mine, armi chimiche avvenute in virtù di specifici accordi internazionali.

Negli ultimi decenni alcuni progressi si sono fatti: le armi chimiche, le mine anti-persona, le munizioni a grappolo, i test nucleari, e persino il possesso e l’uso delle armi nucleari sono stati proibiti da appositi accordi internazionali. Purtroppo negli ultimissimi anni si è verificato il processo inverso: molti di questi impegni sono stati denunciati o addirittura violati con il rischio che nel campo del controllo degli armamenti si ritorni alla “legge della giungla”. Il rischio che si corre è che quel sentire comune sulla inammissibilità di alcune di tali armi e la stigmatizzazione del loro impiego si vada perdendo. È quindi necessario sostenere e valorizzare gli obiettivi perseguiti da iniziative come quelle della Campana dei Caduti e Isodarco per mantenere vivo il ricordo e promuovere la conoscenza dei rischi che stiamo correndo.

 

*L’Ambasciatore Carlo Trezza è Consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali. Ha presieduto la Conferenza del Disarmo a Ginevra ed il Consiglio del segretario generale dell’Onu per gli Affari del Disarmo a New York.

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