LA MORTE DI MIKHAIL GORBACIOV

 

Mikhail Gorbaciov, morto a Mosca il 30 agosto scorso, è stata una persona singolare. Quando l’11 marzo 1985 diventa segretario generale del Partito comunista sovietico ha solo 54 anni. Ha davanti a sé la prospettiva di decenni di potere assoluto, conditi da una normale dose di trame di palazzo, ricchezze più di quanto basta e un pizzico di paura per il pericolo continuo di essere avvelenato e spegnersi tra gli onori riservati agli eroi nelle stanze del Cremlino. Insomma il piatto tipico di un dittatore. Ma lui è un tipo singolare, il potere assoluto non gli basta. Decide di inserire nella ricetta due ingredienti nuovi per il suo Paese: una manciata di riorganizzazione e una spalmata di trasparenza. Per questo chiunque in Occidente conosce almeno due parole di russo: perestroika e glasnost, vocaboli rivoluzionari che negli anni Ottanta tracimavano da giornali e televisioni e ora sono relegati nei libri di storia.

Gorbaciov ha rappresentato una novità assoluta. Il giovane segretario si presentò allentando la presa della censura e della polizia politica sulla società. L’impatto sulla libertà di stampa e di opinione fu immediato. Ai cittadini sovietici inoltre fu concesso il diritto di viaggiare ovunque nel proprio Paese, cosa fino a quel momento soggetta a una quantità tale di permessi da renderla praticamente impossibile. Premio Nobel per la pace nel 1990, tra il 1985 e il 1991 ha negoziato il ritiro dall’Afghanistan, la fine della Guerra Fredda, la caduta del muro di Berlino e il disarmo nucleare.

Certo non a tutti piace cedere fette di potere, e qualcuno del suo governo trovò che il nuovo corso fosse un po’ avventato. Inoltre l’Urss attraversava un periodo di grave crisi economica e politica, che aveva reso il regime incapace di fronteggiare le spinte autonomiste. Così l’uomo che voleva più libertà fu preso in ostaggio nella sua casa di vacanza in Crimea e alcuni elementi del suo stesso esecutivo tentarono di deporlo.

Era il 21 agosto 1991, la gente scese in piazza a Mosca per difendere le libertà appena conquistate, ma come spesso succede qualcuno vide più lontano degli altri. Il presidente della Repubblica Russa, Boris Eltsin, dopo aver capeggiato la resistenza popolare e aver imposto la liberazione di Gorbaciov, si propose come il vero detentore del potere, relegando in secondo piano lo stesso leader sovietico.

A volte complesse vicende storiche possono essere sintetizzate da una frase. Qui ci vuole una foto, quella in cui  Eltsin punta il dito contro Gorbaciov davanti a migliaia di deputati del Soviet, intimandogli di sciogliere immediatamente il Pcus.

Finisce così l’Unione sovietica e la parabola politica di un uomo che voleva riformarla. Quello che è accaduto alla Russia negli anni successivi è sotto gli occhi di tutti. Malgrado questo Gorbaciov per quanto sia stato apprezzato enormemente all’estero ha sempre goduto di pessima fama in patria. In effetti si sarebbe potuto limitare a “regnare”, anche dispoticamente. Ma lui era un tipo singolare.

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