ACCADE ALL'ONU
LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA PACE

 

Sulla testata del sito internet delle Nazioni Unite c’è scritto «Pace, dignità e uguaglianza su un pianeta sano». Un messaggio chiaro che mette in relazione i conflitti armati con le politiche ambientali e con i diritti. Detto per esteso significa che lottare perché tutti abbiano le stesse possibilità e le stesse garanzie significa combattere contro le guerre. Per questo in occasione della Giornata internazionale della Pace che, come ogni anno si celebra il 21 settembre, vale la pena di ricordare che più i Paesi sono democratici e meno combattono con le armi. Secondo l’Indicatore di democrazia calcolato dal settimanale «The Economist», ci sono vari gradi in cui questa forma di governo è sviluppata in 167 Paesi. Il misuratore tiene conto di cinque categorie generali: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione e cultura politica. Di conseguenza le nazioni sono divise in quattro categorie: “democrazie complete”, dove le libertà non solo sono rispettate, ma anche rinforzate da un atteggiamento che contribuisce alla prosperità dei principi fondamentali; le “democrazie imperfette”, dove le elezioni sono libere e le libertà civili di base sono rispettate, ma ci sono dei problemi come la violazione della libertà d’informazione; i “regimi ibridi” dove avvengono puntualmente significative irregolarità nelle elezioni; e “regimi autoritari” dove il pluralismo politico è assente o è estremamente limitato.

Secondo dati che risalgono al 2021 nell’Africa subsahariana su 44 Stati analizzati uno solo è risultato essere una democrazia completa. Non è quindi un caso che proprio in quel continente i conflitti siano più presenti, i diritti umani spesso ignorati, l’informazione libera assente e le attività culturali controllate, quindi in pratica rese innocue. Per questo nella Giornata internazionale della Pace è doveroso, oltre che utile, organizzare eventi artistici, perché proprio il fatto che i regimi autoritari limitino la cultura certifica l’importanza sociale e politica dell’arte. E proprio per questo il 21 settembre la Fondazione ospita lo spettacolo Vellus, prodotto dal collettivo Clochart, che, «ci propone un’esperienza sensoriale per ripercorrere le tappe di un’umanità che continua a ripetere da sempre gli stessi errori», come sottolineano gli organizzatori. Con la regia e la drammaturgia di Michele Comite, le coreografie di Hillary Anghileri, i costumi di Elisa Calaon e i video di Simone Lorengo, grazie agli interpreti Federica Fantuzi, Arianna Bianchini e Giulia Baldassari sotto alla Campana andrà in scena uno spettacolo di danza e teatro in 4 quadri da dieci minuti ciascuno che riflette proprio sulla necessità di cambiare atteggiamento per modificare l’esistente. Albert Einstein definì la follia come il «ripetere alla nausea la stessa azione aspettandosi dei risultati diversi». Se le cose non cambiano significa quindi che siamo folli, o forse solamente pigri. Intanto il mondo va avanti per la solita vecchia strada. Per ulteriori informazioni chiedere a chi vive in zone di guerra.

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