ACCADE ALL’ONU

 

Per una volta potremmo far finta di credere a una leggenda e magari farla diventare realtà. Si potrebbe per esempio prendere per buona la ricostruzione storica secondo la quale durante i giochi olimpici antichi tutte le guerre venivano sospese. In realtà pare che la tregua riguardasse solo il posto dove si svolgevano le gare. Una questione di sicurezza. Forse de Coubertin lo sapeva, però, rifondando in epoca moderna le olimpiadi si era dato un scopo più alto: favorire la comprensione tra i popoli per porre le basi di un mondo più pacifico. Nel suo discorso radiofonico tenuto alla vigilia dei giochi di Berlino del 1936 Pierre de Frédy, barone di Coubertin, per i posteri solitamente Pierre de Coubertin, fece esplicito riferimento al teso clima politico dell’epoca auspicando un cambio di rotta e sottolineando che «l’Umanità sarebbe felice se, come ai tempi dell’antica Grecia, nel mezzo di una guerra, gli eserciti nemici interrompessero per un momento le loro battaglie, per celebrare e onorare i giochi olimpici». 

Ottantacinque anni dopo atleti provenienti da tutto il mondo si trovano in Giappone a disputare i giochi che dovevano svolgersi lo scorso anno. Sono ragazzi in forma, abituati a superare ostacoli e a metterci determinazione, è il loro lavoro. Ora siamo noi a dovere «dimostrare la stessa forza e solidarietà nei nostri sforzi per dare la Pace al mondo». A ricordarcelo è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sottolineando che il principio della tregua olimpica oltre a rappresentare «un tradizionale richiamo alla cessazione di ogni attività bellica durante lo svolgimento dei giochi» è un’occasione «per stabilire cessate il fuoco durevoli e trovare strade che conducano a una Pace sostenibile». Insomma prima si smette di sparare a tempo determinato, poi si parla, ci si conosce, si capisce che non serve, e si lascia che i fucili arrugginiscano.

Un’occasione per stabilire cessate il fuoco durevoli e puntare a una Pace sostenibile

Del resto lo sport serve a questo. Se le gare non vengono utilizzate come occasioni di incontro tra culture diverse diventano esclusivamente un momento in cui si cronometra chi è più veloce, si misura chi getta un peso o un giavellotto più lontano, si verifica chi ha saltato più in alto e chi si è lanciato più in avanti su un rettangolo di sabbia ben rasata. Splendido momento per chi vince, ma un po’ poco per l’Umanità. Misuriamoci, tifiamo, entusiasmiamoci, e poi ricordiamoci che lo scopo è «cercare la Pace e unirsi intorno a obiettivi comuni», questione ancora più pressante «mentre lottiamo per mettere fine alla pandemia e dare vita a una ripresa forte, sostenibile e inclusiva». 

Guterres ha chiesto a tutte le parti in conflitto «di osservare la tregua durante i giochi olimpici e paralimpici di Tokyo, e di rafforzarla nelle settimane e nei mesi che seguiranno». Prendiamolo sul serio. Gli antichi non ce l’hanno fatta e ci hanno lasciato in eredità un mondo litigioso. Per una volta potremmo provare a fare meglio di loro. 

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