ACCADE ALLE NAZIONI UNITE
GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

 

Quasi tutti i Paesi del mondo fanno parte delle Nazioni Unite e dovrebbero aderire agli ideali che rappresentano. La Giornata mondiale dei diritti umani, fissata per il 10 dicembre, dovrebbe quindi essere inutile. Non c’è disaccordo sul fatto che tutti gli esseri umani hanno la stessa dignità, hanno diritto alla vita, alla libertà personale e alla sicurezza. Non c’è più nessuno apertamente favorevole alla schiavitù o alla tortura. Solo dirlo in pubblico provocherebbe una levata di scudi ovunque. Quando si passa dalle dichiarazioni di principio ai fatti, però, le cose cambiano. Qualcuno comincia a chiedersi se un bambino che cuce scarpe in un seminterrato per 18 ore al giorno sia o meno in stato di schiavitù, altri si autoconvincono che ottenere informazioni da un sospettato usando metodi coercitivi non solo non è un reato, ma serve a garantire la sicurezza.

In alcune aree del mondo il perimetro delle libertà si restringe di continuo e il rispetto di principi che si credono condivisi spesso diventa solo di facciata. Le norme vengono interpretate e filtrate attraverso le peculiarità culturali di ogni luogo e a questo si aggiungono indirizzi politici globali che nel corso dei decenni hanno rallentato l’effettiva adozione degli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Basti pensare alla Guerra Fredda, alle discriminazioni degli anni ’50 negli Stati Uniti, all’apartheid in Sudafrica, ai regimi dittatoriali in Africa o in Asia e, più recentemente, all’integralismo islamico e alla pandemia da coronavirus, che hanno acuito contrasti sempre latenti riportandoli alla luce.

In quella sorta di bussola dell’umanità che è la Dichiarazione, all’articolo 1 c’è scritto che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti». Fino a qui si tratta di rivendicare qualcosa, e siamo tutti d’accordo. Poi però viene specificato che dobbiamo agire «gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». È a questo punto che nascono i problemi, perché questo è un dovere che implica la necessità di cambiare atteggiamento, di aprirsi verso l’altro. Cosa difficile sempre, ma quasi impensabile quando siamo in difficoltà. Per questo ogni volta che si apre una crisi economica, politica, sanitaria o sociale i primi a vedere erosi i propri diritti sono i più poveri, che poi sono proprio quelli che hanno più bisogno di tutele. È facile essere generosi a pancia piena, ma quando il pane comincia a scarseggiare l’idealismo viene messo da parte velocemente. «Mi fa male il mondo» cantava Giorgio Gaber elencando le ingiustizie del pianeta, ma aggiungeva: «Mi fa male più che altro il fatto che basta che mi faccia male un dente, che non mi fa più male il mondo». È naturale, è umano, ma non funziona. Bisognerebbe continuare a soffrire delle ingiustizie anche dal dentista. O almeno il 10 dicembre.

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