UN BAMBINO SU CINQUE NEL MONDO VIVE IN UNA ZONA DI GUERRA
L’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo ha pubblicato recentemente sulla sua rivista «IRIAD Review. Studi sulla Pace e sui conflitti» un approfondimento sui bambini che vivono in zone dove sono in corso conflitti. Lo rilanciamo volentieri sulle nostre pagine ringraziando gli esperti dell'Archivio Disarmo per la disponibilità.
Quasi mezzo miliardo di bambini nel 2023, ovvero uno su cinque, viveva in una zona di guerra e il numero di gravi violazioni commesse contro di loro è aumentato del 15 per cento nel 2023, raggiungendo il livello più alto da venti anni. Questa percentuale è quasi raddoppiata rispetto al 10 per cento circa della popolazione infantile mondiale a metà degli anni Novanta, mentre il diritto dei bambini alla protezione nei conflitti continua a essere ignorato.
Le peggiori situazioni si registrano in Sudan e nei Territori Palestinesi Occupati. In media ogni giorno sono stati uccisi o mutilati 31 bambini. In un contesto in cui le contese si risolvono militarmente la spesa militare non può che raggiungere livelli altissimi: infatti a livello mondiale, ha raggiunto 2,4 miliardi di dollari, ovvero più dell'intero Prodotto interno lordo italiano. Lo afferma «Save the Children», nel rapporto Stop the War on Children: Pathways to Peace. Lo studio ha analizzato il numero di gravi violazioni accertate verso i bambini nei conflitti (uccisioni e mutilazioni, rapimenti, violenza sessuale, reclutamento in eserciti regolari e gruppi armati, attacchi a scuole e ospedali e negazione dell'accesso umanitario) e ha rilevato che nel 2023 si sono verificati oltre trentamila di questi casi. Su base giornaliera si raggiunge una media di 86 crimini. Una cifra che supera di molto quella del 2022 - pari a 27.638, in media 76 al giorno - che già rappresentava un record. Non si tratta, purtroppo di aride statistiche, dietro queste cifre ci sono sofferenze inaudite, sogni infranti, lutti e distruzioni senza fine.
Al primo posto vi sono i Territori Palestinesi Occupati, dove sono state accertate 8.434 gravi violazioni - un quarto del numero totale - con un aumento del 170 per cento rispetto all'anno precedente. Seguono la Repubblica Democratica del Congo (con quasi quattromila casi, in forte aumento rispetto al 2022) e la Somalia (con oltre duemila casi verificati, in leggero calo rispetto al 2022). Il maggior incremento relativo di gravi violazioni è stato registrato in Sudan: i casi sono addirittura quintuplicati dal 2022, passando da 317 a 1.759. L'analisi di Save the Children ha anche evidenziato un numero allarmante di Stati membri delle Nazioni Unite che hanno sottoscritto meno della metà degli strumenti giuridici e politici internazionali che garantiscono la protezione dei bambini nei conflitti.
«Un'infanzia serena è una parte fondamentale della costruzione di società pacifiche – conclude l’organizzazione -. Mentre i leader governativi e la società civile, compresi gli attivisti, i sopravvissuti e i giovani, si preparano a incontrarsi alla prima Conferenza ministeriale globale sulla violenza contro i bambini che si terrà in Colombia il mese prossimo, questo rapporto sottolinea l'urgente necessità di intensificare l'azione per combattere la violenza contro i bambini nei conflitti e costruire un futuro più sicuro per loro».
Nel 2023 sono stati documentati oltre undicimila casi di uccisioni e mutilazioni di bambini nei conflitti (+31 per cento rispetto al 2022). Più di un terzo erano bambini palestinesi. Anche gli episodi di negazione dell'accesso umanitario hanno raggiunto un massimo storico, con oltre cinquemila casi nel 2023, 11 volte in più rispetto a un decennio fa.
«Questo rapporto è devastante e non lascia dubbi: il mondo sta diventando sempre più pericoloso per i bambini. Negli ultimi anni - ha dichiarato Inger Ashing, amministratore delegato di Save the Children International - a livello globale, abbiamo assistito a vari progressi in materia di diritti e protezione dei bambini, ma nei Paesi in guerra la situazione sta drasticamente peggiorando. Assistiamo a un continuo aumento della spesa militare globale, mentre gli investimenti nella prevenzione dei conflitti sono in calo. Ciò dimostra che ci stiamo focalizzando sull’aspetto sbagliato e le conseguenze sono devastanti. I conflitti in corso nella Repubblica Democratica del Congo, nei Territori Palestinesi Occupati, in Sudan, in Ucraina e in molti altri Paesi, hanno visto una terribile escalation di attacchi contro bambini, contro scuole e ospedali: violazioni che hanno suscitato un'indignazione globale, ma senza che a essa sia ancora seguito alcun impegno reale e significativo per la Pace. Gli Stati devono agire».
Luciano Bertozzi

