ANGELA MERKEL ESCE DI SCENA

 

La definitiva uscita di scena di Angela Merkel, avvenuta l’8 dicembre scorso in connessione con il giuramento e successivo insediamento a Berlino del suo successore, il social-democratico Olaf Scholz, lascia un vuoto difficilmente colmabile non solo nella sua Germania ma nell’intero continente europeo e, certamente, anche oltre.

Ho intenzionalmente omesso di accostare la parola “vuoto” a un qualsiasi aggettivo, sebbene “politico” sia naturalmente quello che meglio si coniuga alle presenti circostanze. Infatti, lungi dall’essere circoscritto a un preciso settore di attività, il ritiro dai riflettori di quella che il Cancelliere Kohl chiamava un tempo con paternale accondiscendenza das Maedchen (“la ragazzina”, salvo, a un certo momento, provarne a proprie spese l’enorme determinazione e forza di carattere) tocca molto da vicino l’ultimo ventennio di storia tedesca, intesa nella sua globalità.

A giudicare dai suoi primi anni di vita, per Angela Dorothea, nata casualmente ad Amburgo da famiglia di solide radici tedesco-orientali (la scelta, nel corso della cerimonia ufficiale di congedo, di un successo “targato DDR” di Nina Hagen la dice lunga sulla forza del suo legame con le origini), gli obiettivi raggiungibili sembravano essere sì al di sopra della media, ma non certo illimitati.

Completati gli studi universitari e premiato da un seggio al Bundestag il suo impegno a favore dei locali movimenti democratici sorti dalle rovine del regime di Honecker, nulla lasciava infatti per lei presagire un avvenire così radioso sulla scena nazionale, europea e mondiale. A questo, si frapponevano infatti una serie di non trascurabili ostacoli oggettivi. Il primo, e più importante, il fatto di essere donna, considerato che da Adenauer in poi la Germania era stata governata esclusivamente da Kanzler declinati al maschile.

Un quinto mandato, ampiamente alla sua portata, le è stato precluso, secondo molti osservatori neutrali, solo dalla sua scelta di non ricandidarsi

Il secondo era collegato alla provenienza da un Land già comunista, con lo stigma di un percorso socio-culturale ritenuto inferiore ai coetanei cresciuti a Colonia o ad Hannover. Persino la sua formazione scientifica prestava il destro a valutazioni critiche, da parte di ambienti politici rappresentati in larghissima misura da giuristi, politologi e storici.Competenza, rigore, visione strategica, disponibilità al dialogo e, laddove richiesto, un uso senza mezze misure della propria autorità, sono state le qualità principali che le hanno permesso, lungo l’arco degli anni, di farsi strada con riconoscimenti sempre maggiori sia in Germania che all’estero.

Al momento dell’annuncio del suo commiato, intervenuto con larghissimo anticipo rispetto al più recente appuntamento elettorale tedesco, i risultati ottenuti erano evidenti a tutti, trovando la migliore sintesi nei quattro successivi mandati di Cancelliere (2005-2021). Un quinto, ampiamente alla sua portata, le è stato precluso, secondo molti osservatori neutrali, solo dalla sua scelta di non ricandidarsi.

Non è certo questo il luogo per tracciare un bilancio dell’operato di Angela Merkel, che richiederebbe spazi ben più ampi. In estrema sintesi e limitandoci alla sola politica internazionale, la Cancelliera “di ferro” (appellativo condiviso in Europa con Margaret Thatcher) è stata senza dubbio una convinta e leale sostenitrice tanto dei valori fondanti della Comunità europea che del legame transatlantico con gli Stati Uniti. Quanto precede nonostante la presenza, all’interno del mondo politico e finanziario/economico tedesco, di visioni basate sulla consapevolezza della primazia continentale della Germania (la ben nota immagine della “locomotiva” trainante tutti gli altri vagoni) tendenti, per non citare che un esempio, a una minore comprensione nei riguardi dei più fragili sistemi economici del “versante Sud”.

Concludo il ritratto di Angela Dorothea con una immagine e una frase. L’immagine è quella della Kanzlerin uscente, seduta al tavolo dei Capi delle delegazioni nazionali, in occasione del Vertice G20 svoltosi a Roma nello scorso ottobre, con il Cancelliere-designato Scholz disciplinatamente piazzato in seconda fila ad ascoltare e, chissà, forse anche a prendere appunti. Un modello di “convivenza democratica” davvero invidiabile. La frase, ancora più recente, riguarda, sullo sfondo della disastrosa situazione epidemiologica esistente in Germania, l’ammissione di Angela Merkel di «quanto brava sia stata l’Italia» nella lotta alla pandemia, grazie a un indovinato mix di decisioni politiche e di misure tecnico-sanitarie.

Qualcuno ha voluto leggere in queste parole un “tardivo ravvedimento” della ex Cancelliera per le critiche esternate, nel corso degli anni di mandato, nei confronti del nostro Paese. Personalmente, propendo invece per la sincerità del complimento, che bene si inquadra in un suo atteggiamento empatico verso l’Italia, confermato dall’annuale periodo di vacanze ischitane, inevitabilmente trascorse in compagnia del consorte, Herr Sauer. La ritrovata libertà da incarichi governativi contribuirà, glielo auguriamo sinceramente, a rendere ulteriormente gradevoli i suoi futuri soggiorni.

 

Il Reggente, Marco Marsilli

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