PER CHI SUONA LA CAMPANA - P8
Tutto era riuscito bene, ma la Campana suonava male. E suonava male anche molto di quello che c’era intorno. Don Rossaro aveva aderito al regime fascista, ma senza rinnegare il carattere universale di Maria Dolens. In molti, invece, cercavano di riportare il significato di quel simbolo a interessi particolari. Qualcuno aveva pure cominciato a guadagnarci qualche cosa. C’erano stati documentari sul significato della sua simbolica presenza a Rovereto, articoli di molti giornali, cerimonie, francobolli e riconoscimenti, ma anche cause con la fonderia per la cattiva riuscita del lavoro e attriti con una casa cinematografica per i diritti sugli introiti delle pellicole. Poi c’era chi voleva spostare la Campana. E non era solo una questione di panorama.
Il 17 giugno 1932, nel municipio di Rovereto, con l’assenza significativa di don Rossaro, si era tenuta una riunione al termine della quale, «tutti furono d’accordo nel dichiarare che, rispettati i due grandi concetti di Umanità e di Patria in maniera che essi, pur armonizzandosi fra loro, riescano ben distinti, è da consigliarsi il trasporto e la sistemazione definitiva della Campana dei Caduti a Castel Dante». Si riproponeva così il dissidio tra chi legava i monumenti sepolcrali a una visione esclusivamente nazionale della guerra e chi era impegnato a superare le vecchie inimicizie proponendo un messaggio di fratellanza tra i popoli. Insomma bisognava capire quanto fossero «ben distinti» i concetti di Umanità e Patria, e quanto fossero “armonizzabili” tra loro.
Il fondatore, ovviamente, anche per ragioni religiose andava nella direzione dell’Umanità, ed era contrario a un progetto che negava lo spirito stesso della Campana, nata per ricordare i caduti delle guerre, al di sopra di ogni fede e nazionalità. Al contrario l’Ossario di Castel Dante e il monumento ai martiri trentini, dove si voleva spostare Maria Dolens, si proponevano di celebrare esclusivamente i soldati della parte italiana.
Ma non bastava, perché ora che la Campana esisteva ognuno voleva farla suonare per celebrare i propri successi o le ricorrenze più varie. Spesso veniva chiesto al sacerdote di consentire che fosse messa in moto al di fuori dell’«ora di notte», violando così il secondo articolo dello statuto. Erano soprattutto i gerarchi fascisti locali che chiedevano con insistenza deroghe a quella norma, sia per celebrare eventi di regime, sia in occasione di visite di personaggi illustri. Don Rossaro non lo permise mai, ma nel pomeriggio del 18 marzo 1928 sentì suonare la Campana in un orario non previsto. Corse sul bastione Malipiero e ci trovò Gabriele D’Annunzio, che con un gruppo di fascisti aveva costretto il «buon campanaro» ad avviare il meccanismo elettrico che muoveva la Campana. Pochi giorni dopo partirono lettere di fuoco indirizzate a varie autorità, compreso Mussolini. Lo stile era diretto e le parole erano chiare: «deplorevole violenza e prepotenza». «Ben altro omaggio – si lamentò don Rossaro con un amico – si attendeva dal Poeta Soldato, alla Sacra Campana, che con pietà piange ed esalta quotidianamente tanti suoi oscuri Commilitoni, eroicamente caduti. L’impressione penosissima destata in città, ha suscitato un’unanime e generosa indignazione, e tale atto resterà nella storia della Campana non come un gentile atto del Poeta Soldato, ma come un gesto deplorevole di un’inconsulta arbitrarietà».