PER CHI SUONA LA CAMPANA - P16

 

C’era una volta una canzone che si intitolava «Maria Dolens». A interpretarla era una grande voce italiana, elegante e sobria come usava a metà del Novecento. Tutto inizia il 28 agosto 1960, in occasione del Festival della canzone alpina tenuto al teatro Zandonai di Rovereto. Bixio Cherubini e Carlo Concina, per inciso quelli che hanno scritto Vola Colomba e altre decine di successi memorabili, avevano composto per la serata un brano dedicato alla Campana. Lo avevano pensato per la voce di Nilla Pizzi, che malgrado fosse una vincitrice seriale di Sanremo pare non usasse l’autotune.

Doveva essere una notte memorabile e lo fu. Ma non per quella canzone, che infatti non si trova più da nessuna parte. La Pizzi cantò, riscosse un gran successo come le capitava spesso, ma non fu la protagonista della serata. Subito dopo la sua esibizione intervenne padre Iori, il Reggente, per annunciare che la Campana aveva bisogno di essere rifusa. Il pubblico in sala non se lo aspettava, fu una doccia fredda per tutti. Pochi giorni dopo, il 31 agosto, mentre Nilla Pizzi veleggiava per altri lidi, Maria Dolens fece sentire per l’ultima volta i suoi rintocchi dall’alto del bastione del castello. «La Campana è rotta, bisogna rifonderla», annunciava laconicamente un comunicato della Reggenza. Padre Iori informò l’Ordine di Malta consapevole che il progetto di una nuova fusione aveva bisogno di finanziamenti e di trovare una fonderia all’altezza della situazione.

Venne creato un ristretto Comitato esecutivo, che iniziò da una parte ad affrontare le questioni tecniche, dall’altra a pensare a una nuova sistemazione per la Campana. Intanto padre Iori, da uomo pratico, si era recato a Roma per una serie di colloqui in sede ministeriale. C’erano progetti da portare avanti o da avviare, e malgrado tutto bisognava lavorarci. Il 25 ottobre il Reggente fu ricevuto in udienza privata da Giovanni XXIII, al quale venne donata una riproduzione artistica della Campana, con la preghiera di poter avere un autografo da incidere sul manto di «Maria Dolens» una volta che fosse stata rifusa. Una settimana dopo arrivò a Rovereto il «pensiero» del Papa: In pace hominum ordinata concordia et tranquilla libertas, «Nella pace degli uomini, un’armonia ordinata e una libertà serena». Un monito chiaro, netto, preciso, e forse proprio per questo difficile da mettere in pratica. Un modo per sottolineare che la Pace non è semplicemente l’assenza di guerra, ma un equilibrio tra popoli, basato sul rispetto reciproco e su una libertà vissuta senza paura. Come in una canzone occorre che ogni cosa sia al suo posto, che l’armonia funzioni, che nessuno vada oltre i propri limiti. Valori che in musica sono quasi scontati, ma che nella vita di ogni giorno non sembra lo siano ancora. Ed è per questo che quelle parole vanno ricordate oggi, in un’epoca come la nostra, in cui la diplomazia fatica a contrastare il ritorno della forza come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.

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