PER CHI SUONA LA CAMPANA - P11

 

Quando il 26 maggio del 1940 la “seconda” Campana dei Caduti, appena fusa, arrivò a Rovereto non c’era molta gente ad attenderla. Già alla partenza da Verona il giorno prima non si registrò la presenza della folla nelle strade che aveva sempre accompagnato il simbolo della Pace e della memoria di chi aveva combattuto. Ma non basta. Malgrado la solennità del momento, le persone che arrivavano in piazza Rosmini per assistere alla cerimonia erano scosse da una forte inquietudine. Gli eserciti stavano già marciando in Europa e probabilmente qualcuno deve aver pensato che tra i caduti a breve avrebbe potuto esserci anche qualche familiare.

In quel momento don Rossaro, che non solo aveva ideato quel simbolo ma aveva anche combattuto per realizzarlo, era stretto in una morsa: da una parte c’era la presenza fisica della Campana con tutti i suoi significati di Pace e di fratellanza, dall’altra l’incombente tragedia chiaramente preannunciata. Le «decisioni irrevocabili» stavano per essere annunciate dal balcone di Piazza Venezia e i tribuni fascisti in città non persero l’occasione per strumentalizzare l’evento. Nel suo discorso Amilcare Rossi, medaglia d’oro al valor militare, assegnò alla Campana il compito di chiamare in armi tutto il popolo italiano «per arricchire di nuove fulgide gemme la corona imperiale del Re vittorioso». Di paragonabile banalità retorica furono gli interventi del prefetto Italo Foschi e del podestà. Il messaggio inviato da Pio XII, che invocava la Pace, non fu letto.

Nel suo Diario don Rossaro ricordò a se stesso che gran parte delle frasi pronunciate in quell’occasione erano incoerenti con il significato della Campana, con la solennità del momento, con gli scopi per la quale era stata ideata, fusa e poi rifusa una seconda volta. Ma gli eventi stavano per precipitare, le “illuminate menti” pensavano di poter avere grandi vantaggi da un piccolo sforzo bellico, magari di breve durata, quasi indolore. Le folle plaudenti non mancavano, i retori abbondavano. Non sarebbe andata così, noi lo sappiamo, il sacerdote roveretano invece pur non sapendolo sentiva che c’era qualcosa di sbagliato nel modo in cui veniva usata la sua creatura.

Non si fermò, ma la collaborazione delle autorità non era piena come un tempo. Dopo la consacrazione la Campana rimase nella piazza Rosmini per circa due settimane. Il 10 giugno venne caricata su un rimorchio per essere trasportata al castello. Proprio durante l’operazione si accesero gli altoparlanti pronti a trasmettere parole «incisive, maschie, storiche»: l’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania hitleriana. Undici giorni dopo due camion trainarono il rimorchio che trasportava la Campana verso la base del bastione Malipiero, dove doveva essere issata. L’operazione durò fino al 13 agosto e non riuscì a pieno. In una collocazione provvisoria il simbolo della Pace rimase muto fino al termine della guerra. «Nel suo silenzio - annotava don Rossaro - seguiva l’enorme strage che si compiva sull’ampio fronte della Guerra, che come un immenso cratere ingoiava, con innumeri vite umane, monumenti, biblioteche, musei, palazzi, cattedrali».

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