L’ORCHESTRA HAYDN PER LA PRIMA VOLTA ALLA CAMPANA DEI CADUTI

 

Al Colle di Miravalle, la musica ha parlato al cuore. Di fronte alla Campana, simbolo universale di Pace e memoria, il 21 luglio scorso si è tenuto un concerto che ha saputo intrecciare arte e riflessione, bellezza e consapevolezza. Protagonisti della serata l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretta da Nicola Valentini, e il baritono Bruno Taddia. Un pubblico di oltre 400 persone ha seguìto con attenzione e partecipazione una proposta musicale intensa, costruita con cura per interrogare il presente nel tentativo di aprire uno sguardo consapevole sul futuro. Era la prima volta che la Haydn saliva al Colle e se il Centenario di Maria Dolens non è solo la celebrazione di quello che è stato, ma soprattutto l’inizio di un nuovo cammino, questa serata è apparsa come un buon viatico. L’iniziativa è nata grazie a una feconda triangolazione tra Comune di Rovereto, Fondazione Haydn e Campana. Lo hanno spiegato prima del concerto il Reggente, Marco Marsilli, che in un saluto ha rilevato come questa iniziativa vada «nella direzione indicata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nella sua recente visita alla Campana ha sottolineato come l’attuale contingenza internazionale esorti «a rilanciare il messaggio che, da qui, cento anni fa, è partito». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Fondazione Haydn, Paul Gasser, che ha sottolineato come «per la Fondazione e per l’Orchestra è un piacere e un onore collaborare con il Comune di Rovereto e con la Campana dei Caduti». «Siamo certi - ha concluso - che la musica, con il suo linguaggio universale, potrà questa sera rafforzare il messaggio di Pace che questo suggestivo luogo di Rovereto con la presenza di Maria Dolens, spontaneamente evoca». La sindaca di Rovereto, Giulia Robol, da parte sua ha voluto ribadire che «la Pace non è un’utopia, ma un’opera collettiva, un’armonia che si costruisce giorno dopo giorno». La musica, così come la Campana, ha aggiunto, «ci ricorda che anche dai momenti più bui può nascere una melodia di speranza».

È stato il direttore artistico della Campana, Marcello Filotei, che dirige questo mensile, a raccontare brevemente il senso di un programma musicale, «pensato come un percorso che è partito da una riflessione sui conflitti in corso in alcune aree del pianeta, è passato attraverso la speranza ed è approdato a una gioia intima e mai ostentata».

La serata si è aperta con due pagine tra le più evocative di Jean Sibelius: Valse triste del 1904 e Scena con gru, completata nel 1906. Non solo splendidi brani da concerto, ma anche riflessioni in musica sulla fragilità della condizione umana e sui silenzi che accompagnano i grandi cambiamenti. In tempi segnati da conflitti e instabilità, queste composizioni risuonano come una meditazione sull’incertezza del nostro tempo. Secondo Ralph Vaughan Williams «solo Sibelius poteva rendere il suono di do maggiore completamente nuovo». Parole profetiche, pronunciate da un suo contemporaneo, che descrivono la capacità del compositore finlandese di dare voce all’inesprimibile, attraverso paesaggi sonori sospesi tra malinconia e visione che tengono assieme semplicità e profondità di pensiero. Come una farfalla che non trova dove posarsi, splendida e disperata nello stesso tempo.

A seguire Pax Virginis di Virginia Guastella, vincitrice nel 2008 del Concorso internazionale di Composizione «Strumenti di Pace», un’iniziativa che si articolò in tre edizioni biennali portando alla Campana grandi protagonisti della musica contemporanea, tra i quali l’indimenticato Ennio Morricone che donò a Maria Dolens il suo Jerusalem. Il brano di Guastella ha portato la musica verso un territorio spirituale molto personale, alternando una espressività intensa a improvvise rarefazioni. L’opera, concepita come una meditazione sonora sulla Pace, intreccia testi provenienti da tre grandi tradizioni religiose: i Salmi dell’Antico Testamento («Portino i monti Pace al popolo e le colline giustizia!»), il Vangelo di Matteo («Beati quelli che si adoperano per la Pace perché saranno figli di Dio») e il Corano («Pace su di voi poiché siete stati perseveranti»). A distanza di 17 anni dalla data di composizione, questo lavoro resta “purtroppo” di grande attualità, come l’esplicito invito a trovare una strada per la convivenza pacifica tra i popoli che si riconoscono in religioni monoteistiche. La voce di Bruno Taddia, calda e profonda, ha reso vibranti questi versetti, fondendosi con grande eleganza e naturalezza con l’orchestra capace di creare un paesaggio sonoro carico di tensione e speranza.

In chiusura, la Quinta Sinfonia di Franz Schubert ha portato un soffio di intima serenità. Lontano da ogni trionfalismo, questo lavoro “parla” una lingua luminosa e sincera, capace di evocare una gioia composta, domestica, che si fa rifugio e conforto. In questo contesto, Schubert non è evasione, ma memoria di ciò per cui vale la pena lottare: la bellezza, l’armonia, la vita condivisa, il dialogo, la Pace.

Il pubblico, a tratti visibilmente commosso, ha applaudito a lungo, dimostrando di avere colto il filo rosso che univa i diversi brani: il bisogno urgente di Pace, la forza della speranza, la potenza della musica come linguaggio che unisce, cura e ispira. Malgrado il successo, il rispetto del luogo e del percorso compiuto hanno convinto gli artisti a non indugiare in bis autocelebrativi. Si trattava piuttosto di ragionare su quello che era accaduto. E come sempre, sul Colle di Miravalle, si riflette ascoltando i cento solenni rintocchi della Campana dei Caduti, che concludono ogni evento. Ancora una volta, in un tempo in cui le parole sembrano spesso svuotate, è stata la musica a restituirci il senso del presente, con sobrietà e con profonda emozione.

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