ACCADE AL CONSIGLIO D’EUROPA

 

«Una stampa libera non è un privilegio, ma una necessità per qualsiasi popolo». Thomas Jefferson, classe 1743, aveva le idee chiare. Nel 2026 saranno trascorsi due secoli dalla sua morte, un lasso di tempo che non è bastato a far passare il concetto. Lui e gli altri giganti ritratti sul monte Rushmore, signori come George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt, dovranno ancora aspettare con lo sguardo proteso verso l’orizzonte. Al momento il diritto a un’informazione indipendente è un miraggio per gran parte dei Paesi del mondo.

In genere in democrazia si può scrivere e dire quello che si vuole, magari certe notizie vengono diffuse meno di altre, alcune testate sono particolarmente parziali, ma non ti arrestano per «diffusione di notizie false e disturbo dell’ordine pubblico» come è capitato a Mahmoud Hussein in Egitto o per aver «provocato liti e disturbato l’ordine pubblico» come nel caso del cinese Zhang Zhan, reo di aver riferito sulla pandemia di Covid-19 a Wuhan. L’”ordine pubblico” non manca mai in questi casi.

Il problema è che le democrazie sono in netta minoranza sul pianeta. Attualmente ci sono 193 Paesi che hanno aderito all’Onu. Secondo l’indice elaborato dall’Economist Intelligence Unit, le «democrazie complete» sarebbero poco più di 20, una cinquantina quelle «imperfette». Data la naturale volubilità dell’essere umano i numeri cambiano continuamente. Si può comunque affermare con certezza che ampie zone del pianeta sono governate da regimi non democratici, anche quando si definiscono tali.

Uno di questi è la Bielorussia, una Repubblica presidenziale, dove Aljaksandr Lukašėnka governa ininterrottamente dal 1994. L’ultima volta che è stato rieletto, nel 2020, i sondaggi lo davano vicino al 20 per cento dei consensi, dopo il conteggio è emerso che invece aveva preso circa l’80 per cento dei voti. Il contrario è successo alla sua principale avversaria, Svjatlana Cichanoûskaja, che sembrava dovesse attestarsi attorno al 65 per cento e invece si è fermata a poco più del 10. Subito dopo la signora ha dovuto lasciare il Paese per evitare di disturbare “l’ordine pubblico” e venire arrestata. Assieme a lei sono in esilio moltissimi giornalisti e operatori dei media del Paese. E proprio a questi il Consiglio d’Europa ha dedicato un workshop per esaminare iniziative tese a rafforzare il sostegno alla diaspora. Si tratta della prima delle numerose attività concordate nell’ambito del “Gruppo di contatto” istituito per sviluppare la cooperazione tra Strasburgo e le forze in esilio, le uniche che possono garantire una transizione democratica e la conseguente libertà d’informazione. Thomas Jefferson attende sul monte.

 

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