IL COSTO POLITICO E FINANZIARIO DEI CONFLITTI INTERNAZIONALI

 

L’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo ha pubblicato recentemente sulla sua rivista «IRIAD Review. Studi sulla Pace e sui conflitti» un approfondimento sul costo dei conflitti internazionali. Lo rilanciamo volentieri sulle nostre pagine ringraziando gli esperti dell’Archivio Disarmo per la disponibilità.

Il 2024 si è rivelato un anno di crescenti tensioni: dal conflitto in Ucraina, che continua a riscrivere le priorità strategiche dell’Europa e oltre, ai crescenti conflitti in Medio Oriente, passando per la competizione tra Stati Uniti e Cina. Nel corso dell’anno le conseguenze di scelte strategiche e militari compiute nel biennio 2022-2023 sono emerse con forza. Le priorità geopolitiche si sono riflesse nell’aumento record delle spese militari mondiali e il riemergere della minaccia nucleare che, a loro volta, hanno alimentato le dinamiche internazionali.

In un mondo che appare sempre più diviso, le dottrine nucleari stanno subendo trasformazioni significative. Le recenti revisioni della politica nucleare da parte di Russia e Stati Uniti riflettono un mondo sempre più polarizzato, dove il ruolo delle armi atomiche torna al centro delle strategie di sicurezza e aumenta il rischio di escalation globale.

Nonostante il numero complessivo di testate nucleari sia diminuito, il volume di quelle pronte all’uso è aumentato, raggiungendo a gennaio 2024 le 9.585 testate su un totale di 12.121. Le schierate sono salite a 3.904 (60 in più rispetto all’anno precedente), con il 53,79% in stato di massima allerta operativa su missili balistici. La Russia e gli Stati Uniti detengono quasi il 90% delle armi nucleari mondiali, sebbene abbiano oltre 1.200 testate in fase di smantellamento ciascuno.

La corsa agli armamenti nucleari non si limita alle potenze tradizionali. Anche India, Pakistan e Corea del Nord stanno accrescendo il proprio potenziale. Il Pakistan continua a investire nella deterrenza contro l’India, mentre quest’ultima amplia le proprie capacità di armamento a lungo raggio, soprattutto verso la Cina. La Corea del Nord, che possiede circa 50 testate già assemblate e materiale fissile per altre 40, punta sull’uso di armi nucleari tattiche, con nuovi missili balistici a corto raggio e missili da crociera per attacchi terrestri. Infine, Israele, che peraltro non riconosce ufficialmente di possedere armi nucleari, starebbe ammodernando le proprie capacità e incrementando la produzione di plutonio, frenando gli sforzi per creare una zona mediorientale priva di armi nucleari e di distruzione di massa. Nella regione, gli attacchi di gruppi sostenuti dall’Iran contro forze statunitensi in Iraq e Siria complicano ulteriormente le tensioni tra Teheran e Washington, interrompendo i recenti tentativi di distensione.

 

 

Spese militari negli anni 2014, 2022 e 2023, con quota del PIL per il 2023.

Ranking Paese Anno Quota del PIL (2023)
2014 2022 2023
1 Stati Uniti 647.789,0 860.692,2 916.014,7 3,4%
2 Cina 182.109,2 291.958,4 296.438,6 1,7%
3 Russia 84.696,5 102.366,6 109.454,4 5,9%
4 India 5.914,1 79.976,8 83.574,6 2,4%
5 Arabia Saudita 8.762,4 70.920,0 75.813,3 7,1%
6 Regno Unito 6.995,5 64.081,6 74.942,8 2,3%
7 Germania 4.662,8 56.153,1 66.826,6 1,5%
8 Ucraina 3.961,6 41.183,9 64.753,2 36,7%
9 Francia 53.134,8 53.638,7 61.301,3 2,1%
10 Giappone 46.903,5 46.880,2 50.161,1 1,2%

Fonte: SIPRI (2024a) in mln di dollari americani a prezzi correnti

 

È opportuno sottolineare che l’ammodernamento degli arsenali nucleari non avviene in isolamento: si inserisce in un contesto più ampio di crescita delle spese militari globali. I dati mostrano come i bilanci della difesa di molte potenze siano sempre più orientati a finanziare sia la capacità nucleare che l’ampliamento degli armamenti convenzionali.

Non sorprende che l’incremento degli investimenti globali nella difesa non si limiti al settore nucleare. Le crisi che contrassegnano la scena internazionale che segnano l’attualità si riflettono direttamente in un aumento senza precedenti delle spese militari mondiali. Analizziamo quindi i principali trend emersi dai dati Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) evidenziando come le potenze globali stiano destinando risorse sempre maggiori anche agli armamenti convenzionali. Tali investimenti riflettono la percezione, fondata o meno, di minacce crescenti e contribuiscono ad alimentare una spirale di insicurezza globale.

Secondo quanto evidenziato dal rapporto Sipri 2024, il 2023 è stato un anno record per la spesa militare globale, arrivata a 2.443 miliardi di dollari, pari al 2,3% del Prodotto interno lordo mondiale. Questo balzo ha rappresentato la crescita più rapida dal 2009. Per la prima volta in oltre un decennio, la spesa militare è aumentata simultaneamente in tutte e cinque le regioni geografiche del mondo. I 5 Paesi con spesa maggiore sono Stati Uniti, Cina, Russia, India e Arabia Saudita, che insieme hanno rappresentato il 61% della spesa militare mondiale.

In Europa la spesa militare ha raggiunto 588 miliardi di dollari nel 2023, segnando un aumento del 16% rispetto al 2022 e del 62% rispetto al 2014, a seguito della guerra tra Russia e Ucraina. In Europa centrale e occidentale, la spesa militare complessiva ha toccato i 407 miliardi di dollari, con un incremento del 10% rispetto al 2022 e del 43% rispetto al 2014. Il Regno Unito è rimasto il principale finanziatore militare della regione, aumentando la spesa militare del 7,9% rispetto al 2022 e del 14% rispetto al 2014, con un’incidenza del 2,3% del Pil nel 2023. La Germania ha visto una crescita del 9% nella spesa militare nel 2023 e del 48% rispetto al 2014. Attualmente, l’onere militare corrisponde all’1,5% del Pil, ma il governo tedesco si è impegnato a raggiungere il 2% del Pil a partire dal 2024. L’aumento annuale più consistente tra i Paesi europei spetta alla Polonia con una crescita del 75% dal 2022 e del 181% rispetto al 2014. Si tratta del 3,8% del Pil, con l’auspicio da parte del governo di raggiungere il 4%. Ad aprile 2023, la Finlandia è entrata a far parte della Nato.

L’incidenza della spesa militare (espressa in percentuale del Pil) fornisce una chiave per valutare il peso che le economie nazionali attribuiscono alla difesa rispetto ad altre priorità. Il Sipri stima che tale onere sia aumentato globalmente dal 2,2% del Pil nel 2022 al 2,3% nel 2023. Il Medio Oriente ha registrato l’onere militare più alto (4,2% del Pil), seguito da Europa (2,8%), Africa (1,9%), Asia e Oceania (1,7%) e Americhe (1,2%). L’onere militare è cresciuto significativamente in Europa (+0,5%), Medio Oriente (+0,5%) e Africa (+0,2%), mentre è rimasto invariato nelle Americhe, Asia e Oceania. L’incremento globale evidenzia un preoccupante trend verso un impegno economico nel settore militare sempre più ingente che riflette una spirale di insicurezza in cui gli Stati, percependo le spese militari altrui come minacciose, rispondono aumentando le proprie.

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