STORIE DI TRENTINI NEL MONDO
LA STORIA DI IRACEMA MARIA MOSER CANI

 

Abbiamo chiesto ad alcuni discendenti di trentini emigrati di raccontare le loro storie in prima persona, ponendo l’accento su quanto la loro origine li abbia indirizzati e influenzati nella vita. Questo non sarebbe stato possibile senza l’attiva e amichevole collaborazione dell’Associazione Trentini nel Mondo, nata nel 1957 con finalità di solidarietà sociale e come strumento di aggregazione e assistenza per i migranti trentini e per i loro discendenti. Il personaggio che presentiamo in questo numero è Iracema Maria Moser Cani, nata in Brasile da una famiglia di origine trentina.

 

Sono nata a Rodeio, nello stato di Santa Catarina, il 30 agosto 1937. Avevo cinquantadue anni quando nel 1989 ho fatto il mio primo viaggio in Italia. La Trentini nel Mondo mi aveva designata a rappresentare il Brasile in seno alla Consulta dell’emigrazione, l’organo istituzionale creato dalla legge provinciale 27 del 1975, che fra i suoi compiti aveva anche quello di esprimere «pareri sui problemi concernenti l'emigrazione».

Durante il volo ero particolarmente agitata, perché non sapevo chiaramente cosa avrei dovuto riferire alle autorità della Provincia autonoma di Trento. Così continuavo a ripensare alle parole di Bruno Fronza, allora presidente della Trentini nel Mondo, che mi aveva suggerito di raccontare semplicemente la realtà della vita della gente discendente dagli emigrati trentini.

Devo ammettere che ero molto emozionata nel trovarmi nel palazzo della Provincia, insieme agli altri consultori: mi sentivo “un passerotto fuori dal nido”, in un mondo sconosciuto, fra persone che erano “davvero trentine”, perché nate in Trentino prima di emigrare, a differenza della sottoscritta, che apparteneva alla seconda generazione di emigrati in Brasile.

Ho fatto parte della Consulta fino al 2004 e nel corso degli anni ho cercato di descrivere come evolveva la comunità in Brasile e quanto fosse forte il vincolo culturale e affettivo che la legava alla terra di origine, come dimostra il crescente numero di Circoli trentini fondati a partire dal 1975, arrivati a essere 59 al giorno d’oggi.

Il vincolo culturale e affettivo che lega la comunità brasiliana alla terra di origine

Circoli che conosco molto bene, perché la Trentini nel Mondo mi affidò l’onere e l’onore di svolgere il ruolo di Coordinatrice dei Circoli trentini in Brasile. Fu un periodo di forte e stretta collaborazione con Rino Zandonai, direttore della Trentini nel Mondo tragicamente scomparso nel 2009 mentre rientrava in Europa proprio dal Brasile.

Come coordinatrice sono stata testimone della nascita di Circoli negli stati di São Paulo, Paraná, Santa Catarina, Rio Grande do Sul, Minas Gerais; ho partecipato a riunioni, incontri, feste, tutti momenti che sono diventati come un’onda sempre più grande e più forte di “trentinità” e hanno portato a un vero risorgimento culturale trentino-brasiliano, risvegliando nei cuori delle persone di seconda e di terza generazione un orgoglio che c'era sempre stato ma era tenuto nascosto sul fondo del baule della nostra bella identità.

Il mio primo incontro con Bruno Fronza e la Trentini nel Mondo, risale al 1975, in occasione dei festeggiamenti per il centenario dell’emigrazione trentina in Brasile, organizzati nello Stato di Santa Catarina.

Ricordo ancora benissimo il suo primo discorso alla comunità di Rodeio, quando rivolgendosi alle persone che parlavano il vecchio dialetto trentino, disse con grande entusiasmo: «Guardate che voi tutti siete Trentini, anche se siete nati in Brasile». Sono state parole che hanno cambiato per sempre la percezione della trentinità in tutto il Paese.

Allora già esisteva il Grupo Ítalo Brasileiro de Arte e Cultura (Gibrac), formato da persone di famiglie di origine trentina. Su suggerimento di Fronza si trasformò nel Circolo trentino di Rodeio, del quale sono stata presidente dal momento della sua fondazione, nel 1975, fino al 1982 e poi dal 1992 al 1994.

Ho tanti bei ricordi del mio impegno come presidente e poi come direttrice artistica del Circolo: come ad esempio le prove e le riunioni settimanali del coro, l’organizzazione di corsi di lingua e cultura italiana e di cucina, la collaborazione con il gruppo folcloristico di Castello Tesino, la creazione del «Museo degli usi e costumi trentini», il primo di questo genere fuori della provincia di Trento, l’ideazione e la promozione di eventi culturali, come «La Sagra». Tutte iniziative che hanno portato il Circolo trentino di Rodeio a essere riconosciuto come uno dei maggiori sostenitori e divulgatori della trentinità in tutto lo stato di Santa Catarina.

Nel 2019 la Trentini del Mondo mi ha conferito l’attestato di socia benemerita, «per aver creduto nell’Associazione, per averla affiancata in molti momenti significativi e per essere sempre stata un’esemplare testimone dello spirito e dei valori che la guidano», valori che condivido e in cui credo profondamente.

Sono di origine trentina grazie sia al nonno paterno (Antonio Moser, nato alla Faida di Baselga di Piné il 19 dicembre 1852, emigrato in Brasile nel 1875 e morto a Rodeio nel 1927) che ai nonni materni (Giovanni Battista Fiamoncini di Mattarello, sposato con Vittoria Sardagna).

Ho partecipato a eventi che sono diventati un’onda sempre più grande di “trentinità” e hanno portato a un vero risorgimento culturale trentino-brasiliano

Mio padre, Marcello Moser e mia madre, Carolina Fiamoncini, fra il 1910 ed il 1937 hanno avuto tredici figli, dei quali io sono l’ultima (oltre a me sono ancora in vita Erico Dyoniso, nato nel 1929) e Miriam nata nel 1935).

Per quanto riguarda il mio nome, dopo dodici figli i miei genitori non sapevano più quale scegliere. Il primo medico venuto a quei tempi a Rodeio, era brasiliano e molto amico della mia famiglia. Conoscendo bene la letteratura brasiliana, suggerì come nome il titolo del romanzo Iracema dello scrittore José Martiniano de Alencar, che era stato pubblicato nel 1865, che racconta la storia di una india brasiliana. Ma siccome per la Chiesa Cattolica a quei tempi per il battesimo era obbligatorio dare al neonato il nome di un Santo, al mio aggiunsero quello di Maria: per cui il mio nome completo è Iracema Maria. Ma c’è un’altra particolarità: il mio nome è anche l’anagramma di America, il continente di destinazione dei miei nonni emigrati.

Di professione ho fatto l’insegnante di lingua e letteratura portoghese nella scuola primaria e secondaria. Nel 1967 ho sposato Aristides Cani: abbiamo avuto due figlie, Gláucia e Déborah, che ci hanno dato tre bravissimi nipoti.

Dal 1989 al 2000 (e anche nel biennio 2005/2006) ho ricoperto la carica di assessore all’Educazione, Cultura e Turismo del Comune di Rodeio e nel 2011 ho pubblicato il libro Rodeio: histórias e memórias. «Questo libro - ha scritto nella quarta di copertina Flávio Betti da Cruz, che è stato sindaco di Rodeio dal 1993 al 1996 - ci riporta la storia dei nostri avi trentini, italiani del Nord Italia, che vennero qui alla ricerca di un sogno… Leggendolo ritroviamo i loro costumi, l’amore per il lavoro, la loro fede. Per l’importanza che rappresenta per la città di Rodeio e la sua gente, questo è un regalo che Iracema dedica a tutti noi che amiamo la nostra città e i nostri cari nonni e bisnonni che qui sono arrivati».

 

Iracema Maria Moser Cani

Iracema Maria Moser Cani alla festa dell’immigrazione nel 1989 a Rodeio

Iracema Maria Moser Cani nel 2015 con l’arcivescovo di Trento, monsignor Luigi Bressan, e con il presidente dell’Associazione Trentini nel Mondo, Bruno Fronza

Iracema Maria Moser Cani nel 2019 con l’attestato di socia benemerita dell’Associazione Trentini nel Mondo

Iracema Maria Moser Cani con le figlie Gláucia e Déborah

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