STORIE DI TRENTINI NEL MONDO
FRÉDÉRIC SPAGNOLI, PROFESSORE UNIVERSITARIO IN FRANCIA
Abbiamo chiesto ad alcuni discendenti di trentini emigrati di raccontare le loro storie in prima persona, ponendo l’accento su quanto la loro origine li abbia indirizzati e influenzati nella vita. Questo non sarebbe stato possibile senza l’attiva e amichevole collaborazione dell’Associazione Trentini nel Mondo, nata nel 1957 con finalità di solidarietà sociale e come strumento di aggregazione e assistenza per i migranti trentini e per i loro discendenti. Il personaggio che presentiamo in questo numero è Frédéric Spagnoli, professore universitario in Francia originario di Rovereto.
Mi chiamo Frédéric Spagnoli, sono nato l’8 novembre 1980 e sono professore associato di lingua e cultura italiana presso l’Università di Franche-Comté a Besançon in Francia dal 2009. In questa università sono anche responsabile delle relazioni internazionali e gestisco accordi e collaborazioni con università in tutto il mondo, sia per mobilità studentesca sia per progetti di ricerca e convegni, dal Libano al Perù, dal Senegal all’Armenia e così via. In realtà, questa dimensione internazionale essenziale nel mio lavoro di oggi nasce, in parte, dalle mie origini trentine e dalla relazione che ho potuto creare con il Trentino per le mie ricerche accademiche. Vi spiego perché.
Nel 1923, mio nonno, nato a Rovereto anche lui l’8 novembre, ma nel 1904, ha lasciato Volano dove abitava per andare a Grandvillars, nel dipartimento del Territoire di Belfort nell’Est della Francia, sul confine con la Svizzera. Sono nato e cresciuto in questa regione, a tre chilometri dalla Svizzera e a una cinquantina dalla Germania: crescere in una zona di confine significa essere a contatto con diverse lingue e fin da piccolo mi sono interessato alle lingue e ai viaggi. Il Trentino, come parte integrante della storia familiare, era ovviamente oggetto di grande interesse. Mi ricordo quando da bambino sognavo di andare in Trentino guardando il francobollo da 500 Lire con il castello di Rovereto, fino a quando finalmente durante uno dei numerosi viaggi in Trentino ho potuto vederlo “di persona”.
Fino all’università, il Trentino, per me all’epoca Rovereto e dintorni, era una meta di vacanze estive. Tutto cambiò quando, nel 2003, ho avuto la possibilità di cominciare un dottorato di ricerca. Dopo una prima laurea magistrale in lingue e commercio e un master in acquisti e logistica con esperienze di studio e di tirocini a Edimburgo, nell’hinterland milanese e nella Ruhr tedesca, avevo voglia di provare un dottorato di ricerca per orientarmi verso una carriera accademica o per poter lavorare nelle grandi istituzioni internazionali.
È proprio il dottorato di ricerca che mi ha permesso di trasformare il legame di vacanza, estivo, che avevo con il Trentino in legame di lavoro, annuale, e così di trasformare in maniera significativa la mia relazione con la terra dei miei antenati. Dopo discussioni e scambi con diversi docenti a Besançon e a Trento, ho infatti avuto la possibilità di cominciare un lavoro di ricerca sull’emigrazione trentina in Francia in co-tutela tra l’Università di Franche-Comté, nel dipartimento di italianistica, e l’Università di Trento a Sociologia, cioè con un relatore in ciascuno dei Paesi per un’unica tesi.
All’epoca, gli studiosi dell’emigrazione italiana si interessavano molto alle catene migratorie, cioè puntavano a studiare i movimenti migratori sia dalla prospettiva del punto di partenza che del punto d’arrivo, come un movimento dinamico con origini e conseguenze in entrambi i luoghi. Ed è cosi, con questa idea in mente, che mi sono interessato alla corrente migratoria che unisce le valli del Leno – in particolare Terragnolo e Trambileno – e le cittadine di Grandvillars: Delle ed i paesi attorno. Come prevedeva l’accordo di tesi in co-tutela, nell’ottobre 2005, sono arrivato a Trento dove sono rimasto per un anno e da allora il mio rapporto con il Trentino si è completamente trasformato. Avendo cominciato a studiare in modo approfondito la storia, la geografia e la sociologia del Trentino per capire il meglio possibile l’origine dei flussi migratori, ho veramente iniziato a “vivere il Trentino” e questo mi ha arricchito molto.
Nell’ottobre 2005, seguendo il consiglio del professor Gabriele Pollini che mi seguiva per il dottorato, ho bussato alla porta dell’Associazione Trentini nel Mondo per parlare con il direttore dell’epoca, Rino Zandonai. Un po’ ingenuamente ero arrivato senza appuntamento e mi è stato detto che il direttore poteva ricevermi ma solo per pochi minuti. Sono ripartito un’ora dopo con molte idee nuove e molti suggerimenti. Erano così gli incontri con Rino.
Quello che mi ha colpito di più nell’entrare in contatto con la Trentini nel Mondo, è la presenza internazionale dell’associazione con gli oltre duecento Circoli sparsi per il mondo e le numerose attività internazionali. Ho cominciato a vedere il lavoro di ricerca su una corrente migratoria specifica in un quadro globale più ampio, come se il mondo dell’emigrazione fosse un mosaico e la mia ricerca ne costituisse una piccola tessera. Da allora quest’immagine del mosaico mi ha accompagnato in tutte le ricerche sull’emigrazione che mi hanno portato dalla Francia all’Europa dell’Est e all’America Latina. Oltre a farmi capire l’importanza del fenomeno migratorio trentino all’estero, questa inquadratura generale mi ha fatto capire l’influenza della migrazione sul Trentino stesso. Studiare l’emigrazione in una lunga prospettiva storica significa anche, per riflesso, studiare l’evoluzione della società trentina, la società di una terra di confine tra Mitteleuropa e mondo latino.
Quando nell’autunno 2008 ho vinto un assegno di ricerca a Sociologia sulle minoranze linguistiche in Trentino e i processi di trasmissione dell’identità, ho vinto anche l’opportunità di guardare non più ai Trentini che vivono al-di-fuori del Trentino ma a quelli che vivono nella provincia. Nel gennaio 2009, ho quindi cominciato a studiare le tre minoranze linguistiche trentine, i Ladini, i Mòcheni e i Cimbri. La ricerca che ho concluso nel 2016 tenta di delineare un quadro dei processi di trasmissione dell’identità dal 2009 – primo anno di applicazione della Legge Provinciale numero 6 che crea il cosiddetto “modello trentino” di tutela delle minoranze – al 2016. Ho effettuato questa ricerca combinando diversi tipi di fonti: oltre all’analisi della letteratura esistente sull’argomento. Ho anche potuto osservare i principali momenti culturali delle comunità e intervistare un centinaio di persone rappresentative dei tre gruppi. Il tempo passato in Val di Fassa, in Val dei Mòcheni e a Luserna, così come lo studio della società trentina in generale, mi hanno permesso di rafforzare ulteriormente il mio legame con il Trentino e di conoscere altre zone della provincia.
Anche se sono professore associato dal 2009 in Francia, mi reco dalle quattro alle sette volte all’anno in Trentino, il che mi ha permesso di mantenere numerosi contatti, sia di lavoro che personali sul territorio. Nel 2019, ho creato con un mio collega dell’ateneo trentino, il professor Jean-Paul Dufiet, una doppia laurea triennale in lingue tra Besançon e Trento così da poter condividere con i miei studenti il mio interesse per il Trentino. Attualmente ci sono sette studenti di Besançon a Trento.
Per concludere, posso dire che oggi il Trentino, oltre a essere il luogo di origine della mia famiglia paterna, è diventato per me un luogo di lavoro che occupa una buona parte della mia vita.

Frédéric Spagnoli durante un seminario

Il francobollo che raffigura il castello di Rovereto