ACCADE ALL’ONU
LA GIORNATA MONDIALE DEL VIVERE INSIEME IN PACE

 

Molti cittadini occidentali vivono in Paesi che non conoscono un conflitto armato da oltre settant’anni. In alcune zone del “vecchio continente” non c’è un bombardamento da allora, ma già al di là del mare Adriatico le cose cambiano. Basti pensare a quello che è accaduto tra il 1991 e il 2001 nell’ex Jugoslavia. La fine della seconda guerra mondiale, per molti, ha avviato un lungo periodo di Pace, e ha dato l’illusione che non potesse accadere più nulla del genere.

Si ha l’impressione che nella seconda metà del Novecento i conflitti si siano limitati alla “guerra fredda”, a quelli dei Balcani, e a qualche problema territoriale sparso qua e là. Ma è una sensazione sbagliata, una specie di sineddoche psicologica, nella quale scambiamo la parte per il tutto. Guardiamo il giardino di casa nostra e pensiamo che i fiori nascano nello stesso modo ovunque.

Il lungo periodo di Pace seguito alla seconda guerra mondiale ha dato l’illusione che non potesse più accadere nulla del genere

Nel mondo il numero le guerre non ha mai nemmeno sfiorato lo zero, e il conflitto in Ucraina è solo l’ultimo di una serie lunghissima di dispute territoriali e politiche. Ora ce ne accorgiamo meglio perché si spara a pochi chilometri da casa nostra, ma ci stiamo abituando anche a questo.

Secondo gli esperti, però, la differenza sostanziale rispetto al secolo scorso, non è il luogo dove si svolgono le guerre, ma la tipologia dei contendenti. La maggior parte dei conflitti attuali non oppone tra loro gli Stati. Secondo le Nazioni Unite: «Protagonisti, oggi, sono soprattutto milizie politiche, bande criminali o gruppi terroristi internazionali. Le tensioni regionali irrisolte, il crollo dello stato di diritto, l’assenza delle istituzioni, le attività lucrative illecite e la mancanza di risorse ne rappresentano le principali cause. Il tutto aggravato dal peso dei cambiamenti climatici».

La differenza rispetto al secolo scorso non è il luogo dove si svolgono le guerre ma la tipologia dei contendenti

Non solo ci sono più guerre di prima, ma è anche più difficile evitarle o porvi fine. Per questo la Giornata mondiale del vivere insieme in Pace, celebrata dalle Nazioni Unite il 16 maggio, non è un esercizio di bontà gratuita, ma un momento nel quale riflettere per trovare modi nuovi di affrontare “sfide” nuove. La Giornata ha l’obiettivo di stimolare la comunità internazionale a produrre gli sforzi necessari a promuovere la tolleranza, la solidarietà e l’inclusione necessarie a mantenere la Pace. Tolleranza, solidarietà e inclusione non sono gratuite, bisogna lavorarci sopra. Per esempio, come suggeriscono dal Palazzo di Vetro, «lavorando con le comunità, i leader religiosi e altri attori pertinenti, attraverso misure di riconciliazione e atti di servizio e incoraggiando il perdono e la compassione tra gli individui». Per questo essere “per la Pace”, non significa essere “contro la guerra” in senso generico, ma lavorare perché chi ha bisogno venga aiutato, nessuno sia emarginato, e soprattutto sia abolita dal vocabolario la parola “tolleranza”, perché non c’è bisogno di “tollerare” chi è “diverso”, basta accettarlo e accoglierlo.

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