ACCADE AL CONSIGLIO D’EUROPA
INTERVISTA ALL’AMBASCIATORE MICHELE GIACOMELLI
Il multilateralismo è una sorta di impronta digitale dell’Italia a partire dal secondo dopoguerra. La presenza attiva nelle istituzioni in cui le idee si incontrano, crescono e trovano modalità di azione condivisa è una delle caratteristiche dell’azione politica e diplomatica di Roma da decenni. Un percorso complesso, a tratti difficile, durante il quale bisogna tenere fermi alcuni principi cardine, ribadirli, portarli avanti con pazienza, certi che se non saremo noi a raccogliere i frutti di questa determinazione qualcuno lo farà in futuro. Incontrando il rappresentante permanente presso il Consiglio d’Europa, Michele Giacomelli, proprio a metà della presidenza di turno italiana, è interessante capire come questo percorso si sia sviluppato a Strasburgo, anche per farsi un’idea sui possibili sviluppi futuri.
«L’Italia – ci racconta - ha detenuto la Presidenza del Comitato dei Ministri per ben sette volte prima dell’attuale, che ne costituisce l’ottava, dopo 21 anni dalla precedente del 2000. Con l’attuale membership questo appuntamento periodico si riproporrà solo fra 23 anni. Va anche detto che, fino agli anni ’80, le Presidenze del Comitato dei Ministri avevano un ruolo essenzialmente notarile. È stato solo dagli anni ’90 che esse hanno cominciato a esprimere le loro priorità nell’azione del Comitato dei Ministri e quindi ad avere un ruolo propulsore nella vita dell’Organizzazione nel suo complesso. Fra le Presidenze italiane del passato scorgiamo politici di spicco della storia italiana, quali Carlo Sforza (1950), Gaetano Martino (1955), Aldo Moro (1969), Arnaldo Forlani (1977); Giulio Andreotti (1986) o Lamberto Dini (2000). Sotto la Presidenza italiana del 2000 si è verificato l’allargamento della membership ad Armenia e Azerbaigian, parti di un logorante conflitto in atto ancor oggi. Sotto la corrente Presidenza è stato avviato il processo di riforma del sistema della Carta Sociale Europea, che prese le mosse a Torino nel 1961».
I principi che stanno alla base della costruzione della “casa comune europea” sono più che mai attuali e non possiamo darli per scontati
Nella prima metà dell’attuale periodo di Presidenza l’Italia ha organizzato numerose iniziative e dettato l’agenda del Consiglio d’Europa. Quali sono stati i principali risultati ottenuti?
Fra gli eventi più significativi realizzati finora desidero ricordare la visita a Strasburgo della ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti e la riunione di Venezia tra i ministri della Giustizia dei Paesi del Consiglio d’Europa. La prima è avvenuta il 25 novembre in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, nella quale la ministra Bonetti ha ricordato l’importanza della Convenzione di Istanbul nel decimo anniversario dalla firma e ha partecipato all’High Level Segment della Gender Equality Commission (GEC) del Consiglio d’Europa. La seconda si è svolta il 14 e 15 dicembre a Venezia, sotto la Presidenza della ministra Marta Cartabia e la significativa presenza di vari ministri, e ha portato all’approvazione di una dichiarazione sulla giustizia riparatrice: una nuova forma di giustizia penale che prevede un dialogo e una cooperazione fra autore del reato e vittima e si pone come forma di giustizia complementare a quella tradizionale afflittiva. È da ricordare infine l’approvazione per consensus, in novembre, del bilancio biennale e della programmazione quadriennale dell’Organizzazione, attraverso un negoziato non sempre facile fra le variegate sensibilità presenti nella membership.
Quali sono le prossime iniziative dalle quali si aspetta di più?
Nella seconda parte della nostra Presidenza troviamo eventi di altrettanto spessore. Mi piace qui ricordarne tre. Il primo è la riunione dei ministri della Cultura, prevista a Strasburgo per il 1 aprile, che sarà dedicata al tema della cultura come risorsa strategica per un’Europa più sostenibile e pluralista. Il secondo è la riunione di alto livello sulla Intelligenza Artificiale a misura d’uomo, che avrà luogo a Roma il 4 e 5 aprile, dove politici ed esperti discuteranno su come rendere questi moderni strumenti compatibili con i diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia, anche attraverso l’avvio dei negoziati per uno strumento quadro, giuridicamente vincolante, disciplinante l’intera materia. Il terzo evento è il lancio della nuova strategia dei Diritti del Fanciullo del Consiglio d’Europa, previsto a Roma il 7 e 8 aprile, alla presenza del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, della segretaria generale Marija Pejčinović Burić e del presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa Tiny Kox.
A maggio il periodo della presidenza italiana si concluderà, ma l’iniziativa diplomatica del nostro Paese continuerà ovviamente anche dopo quella data. Qual è e quale potrà essere il ruolo di Roma nell’Assemblea di Strasburgo?
Il ruolo dell’Italia nel Consiglio d’Europa è e continuerà a essere di primissimo piano. Basti ricordare che l’Italia è fra i Paesi fondatori e fra i maggiori contributori dell’Organizzazione. L’Italia si ispira, fin dalla sua costituzione, ai valori e ai principi che stanno alla base dello Statuto del Consiglio d’Europa e della costruzione della “casa comune europea”, valori oggi più che mai attuali, che non possiamo dare per scontati, e che vanno ribaditi attraverso lo strumento del multilateralismo, nel quale continuiamo fermamente a credere. In tale prospettiva l’Italia continuerà, anche dopo la sua Presidenza, a lavorare perché le sue priorità rimangano alte nell’agenda dell’Organizzazione e trovino continuità anche nell’azione delle Presidenze future successive alla nostra.
L’ambasciatore Michele Giacomelli, rappresentante permanente dell’Italia presso il Consiglio d’Europa