Dopo la morte di don Rossaro e un anno di vuoto, il 15 maggio 1953 l’Opera Campana dei Caduti nominò reggente il padre cappuccino Eusebio Iori, su richiesta del Comune di Rovereto e dell’ordinario militare per l’Italia. La scelta nasceva dall’aiuto che aveva dato ai prigionieri liberati dai campi di concentramento, fornendo non solo beni essenziali ma anche opportunità di lavoro. Più pragmatico rispetto al predecessore, padre Iori, nato nel 1918, era uomo d’azione con un approccio sociale concreto. Entrato nei cappuccini giovanissimo, era diventato sacerdote nel 1942 e cappellano militare l’anno seguente.
Una delle sue prime iniziative, carica di simbolismo, fu la Messa di Natale del 1953 nella chiesetta al passo del Brennero, alla quale parteciparono militari di eserciti un tempo nemici. L’intento era superare le barriere nazionali e, ripetendosi negli anni, la celebrazione diffuse un messaggio di Pace che portò a Iori riconoscimenti internazionali, come la cittadinanza onoraria di Innsbruck e la Croce al merito della Repubblica austriaca. Costantemente la sua vocazione religiosa si traduceva in progetti specifici: poche parole, molti fatti. Emblematico il restauro della basilica di San Lorenzo a Trento, gioiello romanico abbandonato da due secoli che qualcuno voleva demolire.
Iori coinvolse Comune ed enti. I fondi arrivarono e nel 1955 i lavori erano completati. La basilica divenne tempio civico per i caduti di tutte le guerre.
Con lo stesso metodo fondò nel 1958 il Centro Alcide De Gasperi sul Bondone: prima colonia internazionale per giovani europei, poi centro di cura per bimbi trentini malati, infine scuola per figli di emigrati. La chiamarono «casa tra le nuvole»: luogo dove grandi ideali si traducevano in azioni concrete, con attenzione all’infanzia emarginata, primo mattone dell’ideale di un’Europa unita.
Così affrontò anche la gestione della Campana dei Caduti: concretezza, alti ideali, idee innovative. Promosse la fusione di un nuovo battaglio, una sede più adeguata per Maria Dolens, ma anche una visione universale della Campana come simbolo di Pace globale. Propose un ufficio stampa, visite di gruppo, strumenti moderni per diffondere dialogo, convivenza, comprensione delle diversità.
Il 7 giugno 1962 la Reggenza decise all’unanimità di acquistare un terreno alle pendici del Colle di Castel Dante, ribattezzato Miravalle: scelta simbolica e strategica per rinnovare la missione di Maria Dolens, lontana dal bastione Malipiero. La decisione suscitò polemiche: alcuni vi videro un tradimento del progetto originario di don Rossaro, che voleva la Campana nel cuore della città. Iori non si fermò e difese con forza la sua visione: creare un “Piazzale delle Genti”, spazio d’incontro tra popoli, simbolo di Pace e fratellanza. Intanto anche la seconda Campana dovette essere dismessa. Il 1° ottobre 1964, nella fonderia Capanni di Castelnuovo, si tenne la terza fusione. Il bronzo colò nel silenzio assoluto: troppe delusioni in passato. Alla fine emerse un gigante di 22.639 chili, alto 3,36 metri e largo 3,21, con battaglio di 600 chili e ceppo di 10.300. La nuova Campana, la più grande al mondo che suona a distesa, portava ancora i bassorilievi di Stefano Zuech ma con aspetto più sobrio: eliminate le scritte interne, restavano solo le parole di Pio XII, Giovanni XXIII e i versi poetici del fonditore. Era iniziata una nuova era. La nostra.
